Mi dicevo non me lo posso permettere ed era vero, non potevo permettermelo. Ho pensato agli ostacoli e alle conseguenze, a tutti i rischi e alle rinunce. Ma oltre ogni cosa c’era quello che vedevo, quello che irrimediabilmente vedevo e tanto bastava per fare che nel mio petto si dimenasse un pesce immacolato e vivo.
Se non potevo allora volevo permettermelo. Sceglievo liberamente di affrontare il campo marziale dove non c’è ragione, dove la guerra è guerra senza risoluzione, probabilmente senza possibilità di vittoria. Facevo a meno delle strategie. Combattevo, allora, per combattere.
Ho sospeso il giudizio, attribuito un valore alla luce dei giorni che sbatte a ondate su via Vittorio e i benedettini, che mi risvegliava i sensi. Sentivo: una primavera che fuori nessun altro sentiva. Attribuivo un giudizio e un valore all’improvviso fiorire fuori tempo, negavo ogni morale perché non esiste alcuna morale. Pensare a schemi, per i sentimenti, è fuori luogo.
Non aveva alcun senso, come non hanno mai senso certe cose.
Non aveva senso leggere di notte ad alta voce le poesie di Porta, con la finestra aperta, di notte, contro il buio, faccia a faccia contro il buio, contro tutte le cose che non esistono perché non le sento, perché non le vedo, e per questo, solo per questo, non esistono.
Non aveva senso giocare con le mollette del bucato, sentire la tua voce che corrisponde al vero, è la tua voce che mi parla ed è strano e non ha senso improvvisamente sentirsi liquidi, distrarsi, essere solo senso.
Ma ti sentivo e in ciò che sento esisto.
In ciò che sento anche tu esisti.
Solo mi restavano due cose ancora da affrontare, almeno a breve termine, la prima: non negare né assecondare il desiderio di te che mi stordisce. Ma aspettare, semplicemente attraversarlo, come si fa quando si aspetta un uragano, gli si dà un nome, si dice adesso vieni, fai quello che vuoi, sono pronta. Non si può scappare. Nemmeno volevo, scappare.
La seconda: soportare l’inutilità di tutte le cose in cui non sei.
Io non mi interrogo più sull’appropriatezza di quello che sento, perché ciò che sento esiste e questo è tutto.