Quando la ‘povna era piccola, e viveva al nord, con mamma-’povna, fu cresciuta abbastanza precocemente all’idea che, bambina o non bambina, non ci si fa servire e riverire. Si sforzava dunque (con fatica, e risultati, proporzionali alla sua tendenza entropica) di tenere in ordine la stanza, aiutava nei fine settimana a passar l’aspirapolvere, apparecchiava, sparecchiava. Ben presto però si trovò a manifestare – mentre aiutava mamma-’povna a girare la torta, versare cucchiai di farina e di latte, passare la carne al tritatutto, sbucciare l’aglio – un certo amore per la cucina. E così, complice il fatto che mamma-’povna lavorarava al pomeriggio (e, quando si è in due, o cucina l’una, o l’altra, per poter mangiare), gli annali di famiglia raccontano che un giorno lei si mise di impegno ai fornelli e preparò (banale, ma, va detto, inappuntabile) la sua prima pummarola (compresa di soffritto), negli anni della scuola elementare. Da quel giorno, fu tutto un esperimento; e (mentre mamma-’povna insegnava, nell’altra stanza) la ‘povna si dedicò, volta per volta, a una serie di sorprese culinarie. E un pomeriggio, cimentadosi nelle ricette, si decise a provare uno dei piatti che più le facevano venire l’acquolina in bocca: le cipolline glassate. La procedura è quella descritta da Ada Boni in uno dei grandi capolavori del genere, Il Talismano della felicità; il risultato (pare) fu all’altezza delle sue aspettative di cuoca in erba, perché non solo mamma-’povna (come è ovvio) la riempì di complimenti, ma lei stessa non ricorda di essersi sentita particolarmente avvelenata. Tanto è vero che questo suo exploit da cucina di alta classe, fornito di ricetta, finì dritto dritto nel giornalino che la ‘povna scriveva in quel tempo con le sue amiche di classe, in 5^ elementare.
Tutto questo era rivenuto in mente alla ‘povna un sacco di tempo fa, circa a gennaio scorso, quando su un blog che legge molto aveva ritrovato una bellissima interpretazione delle cipolline glassate. Sedotta dalla madeleine, aveva deciso che anche per lei era giunto il tempo di rifarle, ma all’epoca – troppo presa dai chilometri ferroviari, dalla tonsillite purulenta, dalla fiction, dall’altro mondo – l’occasione le era stata portata via, senza che nemmeno riuscisse a rendersene conto, dall’arrivo dell’estate. A ridare forza al suo progetto ci ha pensato il nuovo autunno e adesso il dado è tratto. Così, prima di sedersi a tavola molto sorridente, la ‘povna decide di trascrivere quassù la ricetta fino all’ultima virgola (come già fece, in quel lontano giorno, per il giornale).
CIPOLLINE GLASSATE A BRUNO
Levate alle cipolline la pellicola esterna, tagliate la parte da cui spuntano le radici e passatele in una catinella di acqua fresca.
Fate liquefare un pezzo di burro in un tegame e disponeteci le cipolline in un solo strato, conditele col sale e spolverizzatele di zucchero. Coprite il recipiente e mettetelo sul fuoco molto moderato, di modo che la cottura delle cipolline e la loro colorazione procedano di pari passo. Voltatele con precauzione in modo da farle colorire tutte uniformemente, e quando saranno ben colorite aggiungete qualche cucchiaiata di brodo che farete evaporare pian piano fino a consistenza sciropposa.
Le cipolline resteranno di un bel colore scuro e lucidissime.
ps. nel frattempo, su un altro blog che segue spesso, è venuta fuori quest’altra iniziativa, di recupero di ricette di libri imperdibili. E la ‘povna approfitta per parteciparvi, una tantum, segnalando anche laggiù le sue amate cipolline.
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