Tuttavia la questione non può fermarsi a constatare la pochezza intellettuale e politica delle élite che tessono l’ attuale governance europea e la loro evidente dipendenza da interessi nazionali intessuti con quelli dei gruppi di potere finanziari. Ciò che è accaduto a Cipro mette in questione l’intera costruzione dell’Unione in maniera ancora più evidente di quanto non si sia visto in Grecia e poi in Spagna e poi in Italia. A Cipro infatti, il governo di sinistra è stato ribaltato nelle elezioni del 17 febbraio dalla destra di Nicos Anastasiades, solo grazie all’intervento diretto della signora Merkel e della commissione di Bruxelles che hanno detto chiaro e tondo o eleggete questo signore, oppure non ci saranno aiuti. Il ricatto si è concretizzato in maniera chiara l’11 gennaio scorso quando la Merkel, assieme a tutto lo stato maggiore del Ppe e ai leader olandese e finlandese, è volata a Limassol per discutere del budget europeo, ma soprattutto per tirare la volata alla destra cipriota.
Le enormi pressioni fatte su Papandreu perché non facesse il referendum in Grecia, l’imposizione di Monti in Italia, le promesse non mantenute in Spagna e Portogallo (oltre ai soldi distribuiti in giro) evidenziano un problema di democrazia negata di cui l’Europa è divenuta a sorpresa il nefando motore. E Cipro è uno snodo importante dentro questa dittatura non dichiarata perché lo sforzo senza precedenti messo in atto per evitare una vittoria della sinistra non è stato dovuto solo a una ovvia preferenza ideologica, ma anche alla circostanza che il leader della sinistra Christofias, era andato a parlare con gli uomini dell’ Fmi per chiedere un’assistenza separata che fosse meno onerosa sul piano sociale ed economico di quella offerta da Bruxelles ai Paesi in crisi. Dunque l’Europa non solo impone misure conservatrici se non apertamente reazionarie col pretesto di inconsistenti teoremi economici, ma cerca di evitare che qualcuno si possa allontanare dall’ortodossia, chiedendo aiuto ad altri. L’Europa è diventata insomma una sorta di prigione nella quale si è costretti a sorbire l’immangiabile minestra proposta dalla cuoca che fa la cresta sugli ingredienti, ma dalla quale è difficile fuggire grazie alle robuste sbarre realizzate in euro.
Tutto questo è divenuto ormai intollerabile. Lo sta diventando persino negli stati ricchi che conducono la danza, ma nei quali comincia a serpeggiare la consapevolezza che comunque l’Unione e la sua moneta sono ormai utilizzati in vista di una sempre più evidente iniquità sociale. Ma adesso la partita di Cipro si è riaperta: la Merkel è riuscita a far eleggere il leader conservatore, ma non a consentirgli di dare il via al prelievo forzoso. E sarà interessante vedere fino a che punto si spingerà la Ue per avere quei 5,8 miliardi che dovrebbero derivare dalla rapina bancaria ai danni dei cittadini e che guarda caso sono quasi esattamente la cifra per la quale le banche tedesche sono esposte verso l’isola, come fa sapere Der Spiegel. Quasi una tassa di scopo. Di certo prima delle elezioni tedesche, non potrà permettere un default clamoroso dopo essere riuscita a nascondere, dietro il velo pietoso dei tecnicismi quello greco, né consentire un’uscita dalla moneta unica che sarebbe come il rompete le righe per tutti. Però nemmeno può fare frettolosamente marcia indietro sulle sue richieste: è inchiodata alla sua ottusità.
Di una cosa però sono assolutamente certo: dopo Cipro e le inquietudini che la vicenda ha suscitato ovunque, nessun partito potrà più sventolare acriticamente la Ue come un feticcio: sarebbe il suicidio politico dopo i disastri di Monti e i timori di nuovi massacri. Cipro è una severa maestra anche per l’Italia.