Cipro, irrinunciabile per la Turchia, sacro per la Grecia, indispensabile per l’Inghilterra, un problema per l’ONU

Creato il 09 dicembre 2011 da Sirinon @etpbooks

Buttare giù qualche appunto di attualità talvolta risulta semplice, o comunque così pare, presi dalla reazione che una certa qualche notizia può aver suscitato in noi. Altre notizie invece passano inosservate o quasi, ma, non raramente, quelle che sembrano notizie in sordina, poco considerate da giornali e televisioni, nascondono una forza che, rivista alla luce della storia anche recente, considerate in un contesto più ampio che non quello, ahimé difficoltoso, nel quale molti vivono, presi dalle angosce relative alle sorti del proprio futuro in relazione alle condizioni del proprio paese, tendono a sottovalutarle o, quantomeno a non considerale degne d’interesse alcuno. E questo è un errore che vorrei appartenesse al passato, laddove la comunità globale dovrebbe aver insegnato che non soltanto le distanze si sono annullate, siano esse di tempo o di luogo ma, più che altro, si sono annullate le non interdipendenze. Ciò che accade oramai in qualsiasi parte del mondo in un qualche modo ci appartiene e le vicende di Cipro, se ad una prima occhiata sembrano ben lontane, nascondono intrecci e legami che in un futuro potranno coinvolgerci ancora.Quanto accaduto in questi ultimi mesi, relativamente allo status di questa grande isola del mediterraneo, situata in una posizione altamente strategica che diviene osservatorio privilegiato di tutta la inquieta fascia del medio-oriente, é e sarà costantemente pretesto per ripercussioni internazionali sia sul piano politico che su quello economico.

La storia dell’isola di Cipro è essenzialmente legata alla sua particolare dislocazione nel mediterraneo, giusto all’entrata di quella naturale conca che abbraccia da nord la Turchia, scivolando poi verso sud toccando Siria, Libano, Israele, Egitto, distante da queste terre da un minimo di 70 km fino ad un massimo di 500. Sul lato occidentale si apre a tutte le rotte provenienti dall’Europa continentale e dal restante nord Africa.La storia dell'ìsola nei secoli ha seguito le vicende dell’egemonia Greca, poi dell’impero romano e di quello bizantino, restando poi invischiata nei giochi di potere legati alle crociate ed alle repubbliche marinare, prima fra tutte Genova poco gradita agli isolani, che colsero l’occasione offerta dallo scisma papale, allorquando il Papa si spostò ad Avignone per schierarsi con i Francesi. Tale alleanza ebbe breve vita poiché l’avvento dei Mamelucchi, costrinse la regnante cipriota, Caterina Cornaro, a vendere l’isola al Regno di Venezia (che contrariamente a Genova oramai in declino era nel periodo di suo massimo splendore) il quale tuttavia, in qualità di regno cristiano dovette poi allearsi con le potenze europee che cercavano di contrastare il nascente Impero Ottomano, arrivando a perdere la sovranità sull’isola che cadde in mano ottomana nel 1573, dopo la famosa capitolazione di Famagosta. A seguito di ciò tutto restò in stato di apparente stabilità fino ai moti che portarono alla indipendenza della Grecia. Sull’isola infatti la popolazione di etnia greca era particolarmente rilevante, là dove gli Ottomani praticamente erano presenti con poco più che residenti deputati alla guardia e d alla difesa del territorio. Nel 1821 con lo scoppiare della guerra d’indipendenza ellenica, l’isola fu sottoposta da parte Ottomana a feroce repressione, durante la quale (così ci riporta fra l’altro la neutra quanto autorevole voce del console francese), dal settembre 1821, al settembre 1822, villaggi e popolazione di origine greca e di religione ortodossa furono vittima di saccheggio, ruberie e massacro. Di fatto la guerra di indipendenza della Grecia fu quasi totalmente finanziata e gestita dalle potenze europee come Francia e Inghilterra oltre che dalla Russia e fu grazie a loro che non solo la Grecia ottenne la propria autonomia territoriale ma, per conseguenza l’Impero Ottomano iniziò quella fase discendente che l’avrebbe poi portata nel giro di cinquant’anni a scomparire. Cipro riuscì dunque grazie a queste pressioni internazionali, ulteriormente intensificate dall’apertura del Canale di Suez (iniziando dunque a divenire isola strategica per il controllo del medio-oriente) nel 1869, ad ottenere la propria indipendenza nel 1879, complice anche la guerra tra Russia e Turchia del 1877. Le vicende storiche attraversano infatti in quel periodo un momento abbastanza complesso o quanto meno più complesso che non nella consuetudine,     dovuto al gioco degli interessi internazionali sorti e cresciuti con l’inizio della colonizzazione. La Russia infatti aveva fondamentalmente bisogno di uno sbocco sul mediterraneo per i propri commerci, sbocco che era chiuso dalla presenza turca che con il Bosforo e lo stretto dei Dardanelli, impediva il flusso dal Mar Nero. Si svolse così il consueto gioco delle alleanze e controalleanze. La flotta russa infatti fu fermata alle porte di Costantinopoli dal blocco effettuato dalla flotta britannica inviata dal governo inglese che, pur essendo alleato dello zar per quanto concerneva l’indebolimento dell’Impero Ottomano, non poteva tuttavia permettere che lo zar (impossessandosi di Costantinopoli) avesse troppo mano libera sul mediterraneo, specie dopo l’apertura di Suez che doveva il più possibile rimanere sotto il controllo loro e dei Francesi (di fatto gli inglesi sitpularono in segreto con i Turchi il trattato di Costantinopoli nel 1878 con il quale garantivano una copertura in caso di arrivo della flotta russa). In conclusione i Russi non entrarono in Costantinopoli e ne scaturirà l’ennesima pace “forzata”, quella di Berlino, che decreterà una consolidata presenza Russa sul Mar Nero e sui Balcani, per quanto alcuni territori venissero assorbiti nella nascente Bulgaria, mentre rimaneva loro interdetto il passaggio verso il Mediterraneo che rimaneva controllato dal Sultano Ottomano che a sua volta, per ringraziare l’intervento della flotta inglese, concesse ai britannici sia un passaggio seppur controllato del Bosforo, sia il controllo amministrativo dell’Isola di Cipro. Cipro successivamente, a seguito dei nefasti esiti per i Turchi delle guerre balcaniche, svoltesi tra il 1911 ed il 1912, divenne parte dell’Impero Britannico a partire dal 1913 assurgendo allo status di colonia inglese nel 1925.

Senza dubbio la presenza inglese era decisamente più “illuminata” ed esperta nella gestione delle colonie di quanto non lo fosse la gestione turco-ottomana, da sempre improntata unicamente sulla repressione. Ciò dette la possibilità alle popolazioni di origine greca di riorganizzarsi e fondare il movimento della “Enosis” (in greco Ένωσις significa unione). Tale movimento che ovviamente aspirava al ricongiungimento con la “madrepatria” Grecia, non era costretto ad operare in clandestinità come al tempo degli Ottomani ed anzi, divenne oggetto di pubblico dibattito, tanto più che, nel frattempo, la nascita della Turchia e la repressione sul suo territorio contro le altre popolazioni come armeni e greci (repressione che sarebbe poi terminata con i moti del 1955) da un lato e, soprattutto, le vicende della seconda guerra mondiale, facevano vedere di buon occhio agli inglesi tale eventualità, anche per consolidare la loro presenza nella zona che sarebbe venuta a mancare con la scadenza del mandato di protettorato in Medio oriente del 1948. Una mantenuta presenza sull’isola avrebbe infatti consentito di proseguire un controllo sulla sempre più importante via di Suez, terminale delle ricchezze petrolifere irakene ed iraniane avute praticamente in eredità dalla guerra sotto forma di commercio privilegiato, commercio che permetteva, per la sua ricchezza, di gestire i governi di quei paesi in funzione non solo economica ma anche antisovietica.

Di fatto Cipro, sotto la supervisione inglese, nel 1960 ottenne l’indipendenza nuovamente stante un’apparente buona convivenza delle comunità turca e greca presenti sull’isola. L’Inghilterra sarebbe rimasta più che presente nella parte greca, soprattutto con installazioni militari, presenti anche oggi, specie sul monte Olimpo, così irto di antenne militari da sembrare un puntaspilli (invero con questa funzione prosaicamente decaduto dai fasti dell’antichità), al fine di esercitare il sospirato controllo della zona. Il primo presidente della Repubblica di Cipro fu l’arcivescovo greco-ortodosso Makarios III. Intorno a lui ruoteranno tutti gli avvenimenti che daranno origine alla odierna situazione. Makarios III infatti, pur essendo fondamentalmente favorevole ai principi della “Enosis”, cercava di non far precipitare sia politicamente che militarmente la fragile repubblica cipriota, stante la presenza sull’isola di una frangia greca armata (la EOKA, comandata dal generale Grivas espulso dagli inglesi ma ovviamente ben accetto in patria e felice di tornare in cipro con l’avvento di Makarios III che lo chiamò, con atto distensivo, al comando delal guardia nazionale) e pronta ad intervenire. Il regime dei colonnelli che si instaurò nel 1969 in Grecia, unitamente alle pressioni che anche gli Stati Uniti d’America esercitarono (Stati Uniti che già avevano ben spalleggiato il regime militare greco in madrepatria), cercarono di far apparire la volontà di lasciare Cipro indipendente come un gesto più destinato a limitare il controllo occidentale e quindi favorevole ad una infiltrazione comunista che non a salvaguardare l’equilibrio isolano e pertanto, allorché Makarios III il 19 luglio 1974 in uno storico intervento all’ONU, accusò la Grecia di voler invadere Cipro, con sgomento dell’intero occidente  che temeva addirittura un intervento sovietico, la Turchia inviò immediatamente un esercito a proteggere la propria popolazione. Nacque così la Repubblica di Cipro a sud, popolata dai greco-ortodossi e la Repubblica Turca di Cipro del Nord. La capitale divenne ed è Nicosia, città divisa a metà praticamente così come lo era stato Berlino durante il periodo del muro, in quanto proprio tra le strade cittadine passa l’odierno confine, chiamato “Attila line”, dal nome dell’operazione - “Attila” appunto - con la quale i turchi invasero l’isola.

Questa la situazione attuale di Cipro con la sola enorme differenza che la repubblica greca è stata internazionalmente riconosciuta da tutti gli stati ad esclusione della Turchia, mentre la repubblica turca viceversa è riconosciuta dalla sola Turchia.

Orbene la situazione odierna, complice anche la prossima presidenza in seno al Parlamento europeo che sarà assunta dalla Repubblica di Cipro per il primo semestre 2012, porterà notevoli conseguenze politiche ed anche economiche. La Turchia ha già preannunciato in questi giorni, riprendendo una minaccia a suo tempo espressa dal Capo dello stato turco, che nei prossimi 18 mesi congeleranno i rapporti con la comunità europea. Recentemente, in virtù delle prospezioni alla ricerca di combustibili fossili e gas lungo le coste dell’isola ci sono state tensioni che sono culminate con l’arrivo di mezzi militari navali sia turchi che greci e della Nato a protezione delle relative navi di ricerca. Inoltre, da anni, sia lo stato turco che quello greco tengono in piedi una sorta di “latente allerta” militare che periodicamente sfocia in quei “piccoli incidenti” sia aerei che navali che hanno come unico obiettivo quello di saggiare il grado di attenzione del confinante (di fatto il problema dei confini tra i due paesi é molto controverso per le continue, "presunte" invasioni degli spazi territoriali dell'uno o dell'altro paese. Basti pensare che da talune isole greche si arriva in circa quindici minuti in Turchia).

Ci sono differenze fondamentali però adesso nello scacchiere politico ed economico internazionale. La Turchia è paese in grande crescita ed anche se ha annunciato una lieve flessione nei prossimi anni, sicuramente mostra e mostrerà un attivo della propria bilancia commerciale, attivo che l’asfittica Europa può solo sognarsi. La Turchia si sta attrezzando energeticamente con l’allestimento di centrali nucleari miste (ovvero che sfruttano risorse sia naturali che di fissione) in accordo con gli Stati Uniti che non possono certo esimersi dal collaborare (con la General Electric) ad un contratto così interessante. La perdurante laicità dello stato turco, sembra ancora rappresentare un più che forte baluardo contro l’orda islamica che oggi, oltretutto con l’avvenuta “primavera araba” che potrà mostrarci risvolti non necessariamente libertari come i facili entusiasmi di chi ha plaudito questo comunque indispensabile passaggio sembrano superficialmente prevedere, diviene ancora più strategica (e già certi risultati elettorali in Egitto danno da riflettere). La Grecia, che anche recentemente, pur nelle condizioni in cui economicamente si trova, è stata di fatto costretta dalle potenze europee (vedete come non sono cambiati i tempi) ad acquistare tra il 2008 ed il 2010 fregate e sottomarini, per miliardi di euro, nell’unica apparente politica di occhio occidentale sul mediterraneo (contando, sia ben chiaro, su un vasto consenso all’interno del paese dove ancora molti sono dichiaratamente anti-turchi, così come d’altronde il nazionalismo turco non ha fatto una piega da ben ottanta anni), secondo quella vergognosa logica che oramai tutti conoscono, di fatto non può più muovere un dito senza prima chiedere il permesso ai “nuovi padroni”. In questo contesto, forte anche di un consenso internazionale crescente in maniera esponenziale, la Turchia, che anche recentemente ha ospitato il “Global Entrepreneurship Summit”, dove hanno partecipato i grandi imprenditori globali, non cede di un millimetro dalla propria posizione. Voi non riconoscete la nostra Repubblica di Cipro e noi congeliamo i rapporti con tutta l’Europa. Sono diktat economici che ben può permettersi quando si è, all’interno di tutto il bacino del mediterraneo, l’unico paese che ha da investire, l’unico paese in crescita, l’unico paese che ha un solido - per quanto discutibilissimo in tema di diritti umani e di libertà - apparato statale. Forte di una economia che cresce e diviene partner ricercata delle multinazionali, forte di una posizione geografica che da sempre è stata importantissima, forte di quella scaltrezza che riesce a mantenere vivo l’interesse intorno a sé da parte di tutti i grandi schieramenti politici mondiali, tanto che nessuno oramai si preoccupa della situazione curda interna al paese, nessuno si preoccupa della mancata libertà di stampa che vi regna (basti vedere il numero dei giornalisti in carcere), dove nessuno si preoccupa se non del fatto che sia una pedina da tenersi buona, indipendentemente dai tanti altri problemi che apparentemente fanno inorridire il perbenismo occidentale. E la Turchia ne approfitta, giustamente, rinfocolando quel suo già ardente spirito nazionale e cercando di ricreare attraverso la strada della conquista economica (e non più militare come si faceva una volta) quello spazio che tanto fa riecheggiare i fasti dell’Impero Ottomano, così come nel frattempo hanno fatto i tedeschi (complici gli Stati Uniti ovviamente, senza i cui fondi non avrebbero potuto sostenere venti anni fa l’onere della riunificazione e che quindi hanno ben forte la voce in capitolo), conquistandosi un’altra volta una bella fetta di Europa, con quella nuova arma che si chiama “euro virtuale” (arma di distruzione di massa anch’essa come abbiamo visto), così come i Greci che dall’avvento dei romani non sono stati più capaci di mantenere una autonomia statale (anche se in realtà la storia antica parlava sempre delle “città” greche e non dello “stato”, visto che l’impero bizantino era oramai stato contaminato dall’invasione romana), così come l’alleanza franco-tedesca non durerà come storicamente è sempre stato, così come i veti inglesi di questi giorni alle nuove manovre comunitarie, faranno deviare la storia, perché gli inglesi se ne intendono di imperi e della loro gestione e come sempre hanno fatto, lasciano stancare la preda, poi intervengono. Così come Cipro, della cui situazione interna nessuno parla, che diviene ancora una volta strumento per una diatriba politica internazionale, diviene mezzo per la riaffermazione di principi, di sovranità presunte, merce di scambio dunque, con il rischio di diventare il nuovo corridoio di Danzica, la nuova striscia di Gaza.


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