Cit ti è morto

Creato il 27 giugno 2012 da Frankezze


Citatemi dicendo che sono stato citato male. L’ha detto Groucho Marx, o forse no. Chi minchia lo può dire? C’è questa tendenza, attualmente, alla citazione. Perché non si può stare un giorno senza scriver niente che ti danno del coglione (es: coglione, oggi non hai scritto niente!).

E allora, mica si può stare senza scrivere niente, ergo citiamo (es: che faccio, la scrivo na cosetta oggi, o penseranno che sono un coglione?). La tentazione è antropologica ma anche un po’ nostalgica. Astrarre una frase di Hitchens, che è bello che morto e quindi non gli arrivano le notifiche, renderla avulsa dal contesto, e liberarla a calci in culo nell’eco di un patetico obolo di visibilità, made in Ikea.

Ma perché? Ragioniamoci. Perché tu, maledetto stronzo, mi devi rovinare la giornata con una tua citazione di Sergej Pavlovič Djagilev? Ma tu credi che a Sergej piaccia stare nel tuo stradannatissimo blog wordpress sotto una citazione di Zeman? No che non gli piacerebbe. E allora tu, tu che attendi bavoso il bulgaro consenso della platea silente (questa è una cosa che volevo scrivere da almeno 142 giorni) quantificato in share/retweet/blowjob ti meriti di essere citato con altrettanta inadeguatezza da un qualsiasi stagista indie-molisano (es: Lèccatùre de sìcchje ne ‘ngràssene cane). Uscite da questa catena di montaggio che vi vuole megafono di Gilioli. Voi ce l’avete un cervello, di Gilioli, ma è comunque un cervello.

Provate a farvi qualche nemico senza copyright, date testimonianza al vostro io mettendo da parte il vostro ego, ragionate con la pancia ma anche un po’ con i genitali, mangiate molta frutta, bevete molta acqua, c’è Magritte al MoMA. Noi staremo qui a refreshare il refreshabile, aspettando le tue virgolette. Che l’adolescenza, si sa, è un momento privilegiato.


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