«Caro, eccettuata la notte in cui mi spiegasti che l’universo finirà con l’autodistruggersi perché l’entropia è uguale alla costante di Boltzman moltiplicata per il logaritmo naturale delle probabilità di distribuzione, con le parole ci siamo detti assai poco io e te. Col corpo invece ci siamo detti molto, ed io non ho perso una sillaba di ciò che dicevi. Il nostro non è che un contatto epidermico, dicevi, un esercizio di sesso, un’appagante ginnastica, un dialogo fra sordomuti. Non mi basta, dicevi, preferisco l’amicizia. Peccato che tu non abbia udito neanche una sillaba di ciò che dicevo io. L’amicizia non può rimpiazzare l’amore, dicevo. L’amicizia è un ripiego effimero, artificioso e spesso una menzogna. Non aspettarti mai dall’amicizia i miracoli che l’amore produce: gli amici non possono sostituire l’amore. Non possono strappare alla solitudine, riempire il vuoto, offrire quel tipo di compagnia. Hanno la propria vita, gli amici, i propri amori. Sono un’entità indipendente, estranea, una presenza transitoria e soprattutto priva di obblighi. Riescono ad essere amici dei tuoi nemici, gli amici. Vanno e vengono quando gli pare o gli serve, e si dimenticano facilmente di te: non te ne sei accorto? Oh, andando promettono montagne. Magari in buona fede. Conta-su-si-me, rivolgiti-a-me, chiama-me. Però se li chiami, nella maggior parte dei casi non li trovi, Se li trovi, hanno qualche impegno inderogabile e non vengono. Se vengono, al posto delle montagne ti portano una manciata di ghiaia: gli avanzi, le briciole di sé stessi. E tu fai la medesima cosa con loro. No, a me non basta l’amicizia. Io ho bisogno di amore. Ho bisogno di amare e d’essere amata con gli obblighi dell’amore, le scomodità dell’amore, le assolutezze dell’amore e le tirannie dell’amore: l’amore del corpo e dell’anima. Ne ho bisogno come si ha bisogno di mangiare e di bere, dicevo, ne ho bisogno per sopravvivere. E poi dicevo: amami e lasciati amare, caro.»
(Oriana Fallaci, Insciallah, 1990)