Magazine Cinema
Premessa #1
Lo ammetto con un po' di difficoltà: non sono così informata su ciò che mi accade attorno.
Non leggo i quotidiani, non guardo i telegiornali né le trasmissioni di approfondimento, mi concedo una mattinata a radiogiornali (si chiamano ancora così? O fa tanto Istituto Luce?) che porta tutto il buonumore che le notizie di politica interna e estera, e di cronaca possono dare.
Insomma, mi basta e avanza per affrontare senza troppe remore la mia giornata.
Premessa #2
Fin da piccola sono stata convinta che qualcuno spiasse le mie telefonate, crescendo mi chiedevo quale divertimento poteva esserci nel sentire tutte quelle lunghe e insensate chiamate che facevo con le mie amiche, per poi passare -grazie Truman Show- a una paranoia più grande, che comprendeva le ricerche del computer, i movimenti del mio bancomat, il tutto senza però panico e paura, ma con la consapevolezza che gli hacker di oggi posso fare questo e quant'altro senza chissà quale sforzo.
Non a caso, sopra lo schermo da cui sto scrivendo, sopra la webcam che dovrebbe inquadrarmi, campeggia un bel cerotto a far da barriera: Nolan Ross insegna, e io, nelle mie fasi di blocco creativo e di risate compulsive davanti ai video di youtube, non voglio farmi vedere.
Questa lunga premessa serve per farvi capire come ho affrontato il documentario riguardante Edward Snowden.
Un nome che, anche con il mio basso grado di informazione, ho imparato a conoscere bene, un nome che ha scoperchiato una verità che presentivo da sempre, facendo però tremare tanto i potenti quanto un popolo che si fidava ciecamente di chi li governava, che invece non si fidava di loro, spiandoli e rintracciandoli con pochi click.
Il documentario di Laura Poitras mostra però molto di più di quanto si conosceva, mostra Edward Snowden stesso prima di essere travolto dalla curiosità giornalista, ripercorrendo tutte le tappe che hanno portato la Poitras stessa, assieme ai giornalisti del Guardian Glenn Greenwald e William Binney a raccontare le storie, a raccontare lo scandalo.
Il percorso che ha portato agli articoli e alla conseguenza fuga di Snowden fino a Mosca, viene ricostruito, o meglio mostrato, dalla telecamera che la Poitras si è portata appresso.
L'inizio è degno di un romanzo giallo, con email criptate firmate con lo pseudonimo Citizen Four, incontri e linguaggio in codice che ha portato i quattro a conoscersi nel Mira Hotel di Hong Kong, dove, chiusi per 8 giorni, si sono confrontati, ascoltando le lunghe confessioni e rivelazioni di Snowden.
Quello che ne esce è sì una verità amara, ma ancor più emerge la figura di un giovane che a 29 anni si ribella, consapevole di cosa questa ribellione comporterà ma non per questo disposto a fermarsi o a mettersi da parte.
Anzi, chiaro e lucido, il suo progetto prevede di far parlare di tutte le libertà che il governo americano, che l'NSA, reprime, con droni a sorvegliare la popolazione, e controllo di metadati capaci di ispezionare tutto il passato come il futuro di un singolo individuo non per forza ritenuto un sospetto. Il suo nome può aspettare ad essere rivelato, non è quello ad essere importante, anche perchè consapevole che quando questo verrà fuori, al centro dell'attenzione ci sarà lui, non più quanto ha rivelato.
Il ritratto che ne esce non è quindi quello di un martire, ma di un pragmatico paladino della libertà che ha bisogno di sfogarsi e di dire la verità, con paranoie quanto mai accettabili al seguito.
Per quanto queste paranoie, condite da allarmi sospetti, dalla consapevolezza di poter essere spiato e rintracciato senza troppi problemi diano al documentario un alone di thriller con cui giocare, il resto è subissato da una seriosità e da un linguaggio particolarmente tecnico che non aiuta il ritmo della visione a decollare, con l'attenzione che cala inevitabilmente e fatica a stare dietro a tutte le rivelazioni, le spiegazioni che Snowden dà.
Uscito più di un anno dopo che i telegiornali e i giornali di tutto il mondo riportavano i fatti, è chiaro che l'intento della regista sia quello di mostrare quanto effettivamente successo e di far conoscere meglio non solo quanto rivelato, ma il fautore di queste rivelazioni, come un omaggio, come un ritratto doveroso per un uomo coraggioso.
L'Oscar vinto a dispetto di documentari più curati a livello tecnico e più appassionanti a livello di contenuti (Il Sale della Terra e Finding Vivian Maier), sembra quindi una richiesta di perdono e un grazie da parte dell'Academy per quanto sacrificato.
Nonostante questo, resta un documentario di stampo classico e giornalistico, chiaramente informativo.
Sta ad ognuno, poi, vedere queste caratteristiche come pregi o come difetti.
Guarda il Trailer
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