La gente del Sudafrica dice a chiare lettere di avere necessità,oggi più di ieri, di una maggiore chiarezza contro la corruzione dei politici e quella nei pubblici uffici, imperanti nel Paese.
E il riferimento è alla legge, quella che è stata approvata lo scorso 25 aprile dal Parlamento, dopo tre anni di ripetuti incontri e di dibattiti accesi, per apportare almeno un minimo di modifiche accettabili.
Cosa che nei fatti non è stata.
E la protesta, considerata la gravità, è sostenuta, apertamente, in un documento ufficiale, anche dalla Conferenza episcopale dell’Africa meridionale (Sacbc).
Infatti, laici e non laici, sindacati, organizzazioni non governative (ong),uomini del mondo della comunicazione, tutti conoscono bene il significato di questa legge, la PSIB (Protection of State Information Bill).
Essa è traducibile,ex abrupto, in un rafforzamento totale dei poteri dell’Agenzia per la Sicurezza dello Stato(State Security Agency).
Ossia questo potere eccessivo consentirebbe a qualsiasi ente pubblico il diritto di classificare segrete le proprie informazioni a danno della normale e civile trasparenza.
Quella trasparenza richiesta in una democrazia.
L’escamotage più banale da parte di chi è sotto accusa è quello di affermare poi, in risposta alle contestazioni, che si agisce in tale modo solo ed esclusivamente in nome della sicurezza dello Stato.
Mentre, semmai, si sta con dolo rafforzando quello che si chiama lo Stato di sicurezza.
E sappiamo cosa voglia dire una certa qual “sicurezza”, che nel Sudafrica odierno non c’è affatto, per i comuni cittadini.
Il primo ministro somalo Shirdon, per esempio, si è dovuto rivolgere, proprio in questi giorni, al presidente Zuma direttamente, affinché ci sia una certa qual tutela nei confronti dei cittadini somali, residenti in Sudafrica. E questo dopo alcuni gravi episodi di maltrattamenti, imputabili, in quanto documentati dai “media”, alla polizia sudafricana.
Si vogliono occhi che non vedono, orecchie che non ascoltano e bocche che non parlano.
In Sudafrica come in altri Stati africani.
Concludendo, in vigore la PSIB, la corruzione non potrà che dilagare ulteriormente e, magari, in progressione geometrica. E non ci sarà né tribunale, né processo legale, a fare da argine.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)