Cosa ci consegna la straordinaria giornata europea di sciopero generale del 14 novembre? Almeno tre issues egualmente fondamentali, ma ha senso porsi questa domanda dopo che abbiamo condiviso il carattere di eccezionalità della giornata che abbiamo costruito.
Domani non cadranno i governi italiano, spagnolo e greco ma di certo abbiamo fatto un cruciale passo comune in avanti nella lotta.
Manifestazioni e iniziative in 87 capoluoghi italiani, tutte le regioni spagnole attraversate dalla sciopero (lì il sindacato tradizionale esprime canoni di lotta ben diversi come dimostrano le iniziative a Valencia, Barcelona, Madrid), la partecipazione in Portogallo, le manifestazioni in Grecia -lì peraltro vige il regime di uno sciopero permanente e diffuso da mesi).
E, affare politicamente importante, migliaia di tedeschi dei movimenti sociali hanno sfilato a Berlino e fatto iniziativa a Francoforte.
Vi è stato, ed abbiamo operato, un uso sociale e diffuso dello sciopero convocato dalla Confederazione Europea dei Sindacati, riprendendocelo (“toma la huelga”), estendendolo, radicalizzandolo.
Indigna a questo proposito il senso di panico della CGIL, che esprime in un comunicato formale la propria solidarietà ai plotoni di criminali in divisa che hanno picchiato, caricato, arrestato giovani attivisti -nemmeno i media mainstream hanno potuto occultare e/o decontestualizzare le immagini delle violenze su ragazzi picchiati dopo il fermo o in contesti in cui l’esercizio della forza è tracimato nella brutalità criminale, appunto.
Noi, tutti, chiediamo l’immediato rilasciato senza condizioni di tutti i fermati, operemo la massima solidarietà nei loro confronti, reclamiamo la fine dell’impunità dei cosiddetti operatori di pubblica sicurezza e l’apertura di un processo di dimissionamento per il ministro Cancellieri.
Veniamo all’accumulo di esperienza che ci portiamo a casa dopo lo sciopero europeo 14N e di cui, a mio parere, dobbiamo avere grande cura come bene comune di movimento transnazionale senza depotenziarlo con filtri ideologici.
La prima nota è la capacità dei movimenti sociali di coordinarsi su livello europeo, senza inattuali scimmiottamenti dei “coordinamenti” o peggio “delle internazionali”.
La seconda: stiamo costruendo un linguaggio comune di lotta e di esercizio embrionale di potere costituente come forma di nuova cittadinanza europea i cui attributi sono l’essere insorgente, molteplice, non rappresentabile e liquida.
La terza. Emerge una soggettività giovanile che può essere il carburante delle lotte europee.
Mi riferisco alle generazioni “sin futuro” che sono escluse dagli istitutivi di welfare, che subiscono la migrazione progressiva -ma quasi compiuta- dei “diritti” in “servizi monetarizzati ed offerti sul mercato come debiti”, che sono spesso scolarizzate, native digitali ed sono soggiogate dallo iato tra aspettative e concretezza materiale del futuro.
La grande partecipazioni degli studenti medi è un dato comune a tutte le piazza italiane; altrove vi sono state composizioni differenti.
Non sono -siamo- per forza solo studenti. Vi è una complessa stratificazione di classe che non è linearizzabile nell’egemonia della forza lavoro in formazione, ma che va osservata, inchiestata, capita a partire della sua capacità di essere parte di un tutto chiamato moltitudine europea.
Se assumiamo questo punto di vista capiamo perchè oggi lo sciopero è stato europeo, migrante, operaio, precario, donna e studente.
Andiamo avanti compagn*, alle nostre spalle lasciamo solo la povertà- presente e promessa- dell’austerity. Il 14N è stato il debutto che va continuato ed esteso nella partecipazione e nella costruzione di elementi di programma politico da condividere nei territori, nelle coalizioni soggettive in essere o a venire, nelle date convergenti europee come il 23 marzo.