Oggi è la FESTA !
La festa dei 150 anni dall'Unità d'Italia.
Da quando cioè il nostro Paese, in Europa, è finalmente divenuto politicamente, e sia pure in notevole ritardo rispetto ad altri, uno stato unitario.
Non m'interessano le polemiche disfattiste in merito e da qualunque parte esse provengano.
Voglio ricordare invece(e sopratutto ai più giovani che con la carta stampata hanno talora un rapporto conflittuale) i grandi cantori italici dal Petrarca al Foscolo, al Leopardi, al Manzoni e a quel Goethe che, da straniero, circa due secoli fa, attraverso il suo "Viaggio in Italia", ne ha fatto il ritratto più affascinante e veritiero che mai si potesse.
Invece mi sta a cuore qui parlare di quei tanti giovani, figli d'immigrati, che sono arrivati qui bambini e che sovente sono, ancora oggi, costretti a combattere estenuanti battaglie, per poi poter vedere riconosciuto un loro sacrosanto diritto e cioé quello di essere cittadini italiani a tutti gli effetti.
Di che cosa pecca allora il nostro "Bel Paese"?
Tralasciando, ovviamente tutto lo squallore di cui purtroppo ha dato mostra l'attuale classe politica in sella....
A mio parere, pecca semplicemente di un'elefantiaca e farraginosa burocrazia.
Troppe leggi e leggine. Decreti et similia.
L'esempio per spiegarmi è presto dato.
Mi riferisco alla nota coppia afro-italiana di Najat e Ismail Farah, di cui hanno parlato anche i giornali.
Lei, figlia di marocchini; lui di un'italiana, un'insegnante e di un somalo.
Entrambi nati in Italia, dove in buona parte hanno compiuto i loro studi, e attualmente residenti a Verona.
I ragazzi sono sposati da due anni e hanno un figlioletto di sette mesi.
Lei, commessa in un elegante negozio del centro,lui giornalista per il mensile dei Comboniani NIGRIZIA e per AFRIRADIO, la loro web-radio.
Qual è il problema?
Il problema sono dei buchi per Najat nella sua permanenza in Italia nel corso dei suoi vent'otto anni di vita.
Ciò significa che, per l'ultima balorda legge del pacchetto-sicurezza dell'estate 2009, Najat, che non avrebbe mai dovuto recarsi in vita sua nel paese d'origine dei suoi genitori e sostarvi per lunghi periodi, oggi non può ancora considerarsi cittadina italiana di diritto, in quanto la sua pratica è tornata indietro con la dicitura "inammissibile".
E lei che pensava, insieme al suo Ismail (lui regolarmente italiano), che tutto fosse a posto dopo il suo matrimonio contratto nel 2008?
Allora?
Allora occorre attendere e chissà per quanto altro tempo ancora. Senza contare il denaro speso per aggiornare la documentazione.
Ecco di cosa si lamenta la coppia e con loro tanti altri, forse meno noti, ma nella medesima situazione.
Si può fare qualcosa?
Un bel segnale, in occasione di questi festeggiamenti per l'Unità, potrebbe essere proprio quello (da parte di chi vi è preposto) di snellire certa ottocentesca burocrazia, che fa degli addetti ai lavori soltanto dei veri e propri "Azzeccagarbugli" di manzoniana memoria.
Basta con timbri e marche da bollo!
Facciamo invece dell'Italia una società ospitante nel significato vero del termine. E facciamolo con intelligenza. Senza essere prevenuti e con la dovuta lungimiranza.
Anche se nessuno si nasconde che l'impresa, anche per la mole di lavoro e la diversità dei casi, non sia affatto semplice.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)