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Cittadini o ultras?

Creato il 01 giugno 2011 da Albino

Visti i commenti di ieri, forse vale la pena di mettere un paio di puntini sulle i, che e’ meglio. Mi ha fatto piacere il commento di John, chiunque egli sia, perche’ ha raccontato la mia evoluzione senza darmi del quaqquaraqua’ o del voltagabbana. Sarebbe stato facile dirmi che cambio casacca a seconda di come tira il vento, perche’ io sono nato Berlusconiano, e ne sono stato fervente tifoso: non ho alcun problema ad ammetterlo. Cresciuto in ambienti tradizionalmente democristiani moderati, mi sono affacciato all’arena della politica in piena tangentopoli, quando imperava lo schifo per i vecchi partiti. E’ stato in quel periodo turbolento che ho formato le mie idee politiche, e ho capito di credere nei valori della destra (parlo di AN, non di Forza Italia, nda).

Ho compiuto 18 anni appena un paio di settimane prima del 27 marzo 1994, le famose elezioni della “discesa in campo”. All’epoca devo dire che Berlusconi mi stava pure sulle palle, in quanto presidente del Milan (e io sono juventino – non so se ricordate gli anni di Gullit e Van Basten, quando il milan vinceva scudetti e coppe dei campioni come ridere, mentre alla Juve giocavano zappatori del rango di Rui Barros e Zavarov, e se si vinceva la coppa italia era tanto…). Pero’… beh, mi sono fatto conquistare, e l’ho votato. Come tanti, ho sperato nel nuovo, nell’imprenditore vincente, ecc. ecc. E da AN ho iniziato a seguire Lui, il Salvatore della Patria.

Poi pero’ sono arrivati gli scioperi generali, il voltafaccia della lega, il famoso avviso di garanzia che hanno fatto cadere il governo, ed e’ nato l’antiberlusconismo militante. All’epoca se eri di destra il panorama politico dal tuo punto di vista era il seguente: sindacati comunisti in piazza a far politica, giudici comunisti in aula a far politica, professori comunisti a scuola a far politica, Berlusconi che potrebbe far qualcosa per il paese ma non ci riesce per via di questi “poteri forti” che glielo impediscono. E soprattutto, un denominatore comune in tutte le persone di sinistra: comunisti da salotto con Repubblica sotto il braccio e la puzza sotto il naso. Loro e quel complesso di superiorita’ morale e civile, perenni partigiani in lotta contro l’occupazione fascista. E’ qui che e’ nato il vero e proprio Berlusconismo, mica prima: quando gli elettori di destra da cittadini si sono tramutati in ultras, vedendo che anche dall’altra parte non c’erano cittadini ma partigiani in lotta.

E’ questo, cari lettori, che ha scatenato il berlusconismo. Non e’ stato solo lui, sono stati anche e soprattutto gli altri. Dal punto di vista di una persona di destra, Berlusconi in quegli anni era visto come uno che non era libero di governare, aveva le mani legate da barricate di comunisti cattivi e incazzati. Poi e’ arrivato il 1996, le elezioni in cui ha vinto Prodi. All’epoca la mia idea politica era abbastanza consolidata. Credevo nella destra finiana, ma votavo Berlusconi perche’ l’importante – lo ripeto – era far vincere lui, dargli quella famosa possibilita’ che non aveva mai avuto. Soprattutto, era importante lottare contro il malcelato razzismo che avevano quelli dell’altra parte.

Poi, vabbe’ – taglio corto. L’evoluzione e’ stata lenta, ma c’e’ stata. Sono arrivati gli anni duemila, e Berlusconi ha avuto la sua possibilita’ di governare. Sono arrivati i Travaglio, quelli che hanno iniziato a scavare nel suo passato. L’immagine di imprenditore di successo perseguitato dalle toghe rosse ha iniziato a traballare. A questo punto, uno di destra aveva tre strade di fronte a se’. La prima e’ quella che avevo preso io all’inizio degli anni 2000: ti tappi le orecchie, fai finta di non sentire. Eviti di ascoltare i Travaglio, cambi canale quando vedi Benigni, sputi sullo schermo quando compaiono i Santoro. Per te quello che dicono sono solo falsita’ e calunnie, per cui non li ascolti neppure. Cerchi la pagliuzza nel loro occhio, senza badare alle cataste di travi incastonate tra le orbite del tuo presidente del consiglio.

Ma la prima strada e’ un vicolo cieco: uno non puo’ evitare di ascoltare per sempre. Allora si imbocca la seconda via, che io ho percorso intorno alla meta’ degli anni duemila: siccome non puoi piu’ fuggire la realta’ dei fatti, allora fai spallucce. Dici “vabbe’, e’ un ladro, e allora?” e poi spari la classica frase dei berlusconiani che hanno imboccato la seconda strada: “anche se ruba o si fa le leggi a me non me ne frega un cazzo: l’importante e’ che governi bene il paese / l’importante e’ che non vadano su i comunisti / l’importante e’ che si faccia il federalismo / l’importante...” (scusa a piacere). E’ questo il momento in cui il berlusconiano o la berlusconiana tirano fuori argomenti come: “con Prodi le tasse erano andate su”, oppure “coi comunisti ci sarebbero le coppie gay”, oppure “Berlusconi e’ sfigato perche’ ogni volta che governa c’e’ un 11 settembre o una crisi economica mondiale” (e qui non hanno tutti i torti, a volerla dire tutta, nda). Insomma, a uno di destra a quel punto non resta che da autospaventarsi, autoconvincersi che l’altra parte e’ peggio, che l’altra parte e’ il Male.

Ma poi, cari lettori, sono arrivati i governi Berlusconi: la seconda strada sfocia nella terza strada. Non ci sono altre vie, e’ la resa dei conti. Sono arrivati i governi in cui non si e’ fatta una sega, i governi in cui le promesse non sono state mantenute. I governi in cui non si guarda al futuro, in cui l’incompetenza delle Brambilla e’ salita al potere. Sappiamo com’e’ andata. A quel punto al berlusconiano non resta che una strada: farsi un esame di coscienza rimandato da troppi anni. Scendere a patti con la realta’ delle cose, chiedersi se vuole centrali nucleari o pannelli solari, chiedersi se stare coi Cosentino e i Scajola o se stare coi giudici, chiedersi se indignarsi per il Bunga Bunga o se "cosi’ fan tutti", chiedersi se e’ giusto che una persona sola comandi tutto o se e’ la democrazia che dovrebbe comandare. Allora a quel punto il berlusconiano che fa? E’ arrivato al capolinea della seconda strada, proprio allo svincolo in cui sfocia nella terza. Puo’ fermarsi, restare nelle sue idee, continuare a raccontarsi frottole (ma per quanto?). Oppure puo’ imboccare la terza strada: affrontare i fatti. Accendere la tv, ascoltare i Santoro e i Travaglio. Andarsi a studiare la storia recente, informarsi finalmente su chi siano i Mills, i Mangano, i Dell’Utri. E poi beh, naturalmente: le Minetti, ça va sans dire.

E da qui, dove si va? A sinistra? Nossignori: a questo punto uno diventa libero, e da persona libera puo’ prendere la cazzo di strada che vuole. Qui ognuno evolve in maniera personale, a seconda delle idee che si e’ fatto nella vita. Io a meta’ degli anni duemila sono uscito dall’Italia, e questo mi ha cambiato molto. Ho imparato ad accettare e ad apprezzare il diverso. Ho imparato a parlare con tutti, ad aprirmi la mente, a capire le ragioni degli altri. Un po’ mi sono sinistrizzato, e’ vero, e’ evidente: pur restando di destra, ho immaginato uno stato piu’ laico, piu’ accogliente, piu’ aperto.

C’e’ stato un periodo, lo ammetto, in cui io stesso mi sono chiesto se fossi diventato di sinistra. E’ stato quando mi sono accorto che guardando Ballaro’ parteggiavo per la parte sinistra dello studio. E’ vero: e lo faccio anche oggi. Ma le mie idee non sono solo queste: io prima di tutto sogno un’Italia meritocratica dove le regole vengano rispettate senza se e senza ma, dove la gente sappia prendersi le sue responsabilita’. E questa e’ una cosa innegabilmente di destra (la destra vera, non certo il PdL). Piu’ anglosassone, se vogliamo: e non per nulla, qualcuno qui mi chiama tatcheriano. O finiano, che forse e’ una definizione ancora migliore.

Ma allora, cosa sono diventato? Ve lo dico: sono diventato un cittadino. Ho capito che e’ ora di finirla con le tifoserie, con le scelte di bandiera fatte a priori. Ora e’ il tempo di ascoltare tutte le campane, e di scegliere con maturita’. Questo significa che io, tatcheriano, finiano, alle prossime potrei anche votare un Vendola, o un Di Pietro? Perche’ no, se mi convinceranno. Perche’ il mio voto e’ mio, e non sta scritto da nessuna parte che lo debba dare sempre alla stessa parte. Perche’ cambiare ogni tanto fa bene alla democrazia e alla politica. E poi, che diamine: siamo cittadini o ultras?



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