Magazine Diario personale

Civetterie

Creato il 17 novembre 2011 da Povna @povna

Treno. Di ritorno dal coro della scuola (che è ricominciato ed è fichissimo). La ‘povna legge questo libro (per molti versi personalmente perturbante, e molto bello) con accanimento, le mancano una quindicina di (avvincenti) pagine a finire. Prima (e unica) fermata a Monastera, e siamo in orario di chiusura della fabbrica: salgo/scendo, scendo/salgo e il vagone rapidamente si ripiena.
Ochetta le era passata davanti già una prima volta, nel trambusto, ma la ‘povna aveva tenuto ostinatamente giù la testa, con la speranza – di fronte all’idea della consueta chiacchierata insieme sciocca e supponente – di essere riuscita, per una volta, a evitare. Ma lo sceneggiatore oggi è sottile (o forse stronzo): “‘povna, che piacere: non ti avevo visto!”. (Addio lettura e), paf!, le si siede vicino.
“Allora, che cosa fai oggi di bello?” – domanda Ochetta dopo averla aggiornata parlando ininterrottamente di se stessa, del suo compagno, delle mirabolanti e sempre geniali avventure del suo (venticinquenne) “bambino”.
“Una fine pomeriggio interamente di shopping” – risponde la ‘povna volutamente con malizia – “supermercato per la spesa, e poi grande magazzino. Devo comprare il nuovo televisore, per il digitale terrestre, sai” – prosegue impavida.
Ma per Ochetta è già troppo, ed ecco che la tanto attesa botta di banalità sarcastica (così tipica della sinistra finto-intellettuale, radical-chic e in realtà becera) corre a toglierle la parola.
“Ah, ma non ci credo: davvero tu la TV la guardi: non so proprio come tu possa fare”.
E la ‘povna – che con queste argomentazioni, che sono vecchie dentro, oltre che arroganti, piùcherette (nel senso di ottuse) e miopi, ci combatte almeno da vent’anni – le ha fatto notare, come è ovvio, che lei a tenere aperta una porta sulla società e sul mondo di certo non rinuncia.
Ma in realtà avrebbe voluto ripetere (a lei e alla sinistra tutta) solo e soltanto le parole di Yoda, nell’Impero colpisce ancora, rivolte a Luke Skywalker quando gli cava fuori dalla palude l’astronave grazie alla sua fiducia nella forza (mentre lui non ci è riuscito e sta seduto tutto mesto):
Ecco perché hai fallito“.



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