“You’re the rifle and the rose in my bones.
Limbs fly like flowers in a storm.
In a few light years we’ll turn the coals.
In a few light years we’ll come home”
Clara Engel
Bertold Brecht in una sua bella e nota poesia (“Contro ogni seduzione”) scrive, al contrario: “Non vi fate sedurre:/ non esiste ritorno (…) Morite con tutte le bestie/ e non c’è niente, dopo”.
Immaginate di comporre in una contraddittoria unità i versi di Clara Engel che aprono questa recensione e la sentenza di Brecht, di abitare la distanza tra l’eterno ritorno supersonico e dolce della prima e il cinico e ultrarealistico monito del secondo. Immaginate poi un attimo che squarcia il tempo e che concede la visione di ciò che resta dopo il passaggio di un uomo in terra. Immaginate ancora un canto etereo a suggellare una visione con una rara “conoscenza della notte”, per dirla a là Celan, avvolta nel vento d’un dolore verso il quale si prova smarrimento ed un sottile, misterioso ed inspiegabile piacere. Immaginate infine di ascoltare qualcosa che riassuma questo desertico oblio che lancia echi d’amore e perdita all’universo assente ma esistente, ed eccovi davanti al nuovo EP di questa cantautrice canadese dalle rare doti d’interprete ed autrice, “The Lovebird’s Throat”, uscito appena una dozzina di giorni fa e contenente quattro densi specchi di ogni nostra ombra. Ed ora, per capire l’ombra, facciamo qualche passo indietro, andiamo a conoscere chi riflette ciò con languida esattezza.
Clara Engel è una cantautrice assai prolifica, che procede al ritmo di una nuova uscita all’anno e già capace di autentiche perle di folk apocalittico (gli album “Tender” e “The Bethlehem Tapes”, per esempio) fondendo Diamanda Galas con PJ Harvey, Antony Hegarty con Lisa Germano, la propria ombra con la propria poetica d’amore, cenere e tributo d’ogni oblio. Il poeta e critico musicale Jimmy Reed ha descritto la sua voce come proveniente dal più profondo dei luoghi immaginabili, ed è tutto vero. La Engel ha un’autorevolezza naturale al canto che sa far vibrare ora terribile nella vivida rappresentazione del proprio dolore, ora rivelatore d’un “vuoto siderale”, ora eco di divinazioni, ora scalpello di profanazioni nel suo cantare amori visionari e dotati d’un simbolismo poetico originale, sincero e mai programmatico (si leggano i testi).
L’EP si apre con “Not Knowing” che riprende le atmosfere della già citata Lisa Germano della litania di accecante bellezza “Cry Wolf” e la smussa d’una ispirazione gelida, quasi a la Nico delle prove più visionarie, rarefatte e sinistre. La semplicità disarmante e profonda di questa introduzione apre alla traccia killer “Song To The Sea Witch (Disembody My Voice)” in cui si passa da una consolidata tensione cantautoriale iniziale ad un climax travolgente e più tipicamente rock. E’ un tripudio da perdita assoluta e inconsolabile, che eleva con distensioni vocali liberatorie una sensazione in epica d’una emozione. “Married To The Bone” riprende, accentuando con tinte macabre a là Galas (moltiplicando la voce della Engel in piccole e sibillinee sottrazioni della stessa) le già oscure trame udite. Resta il rumore d’uno sgabello, o forse di una porta che gracile si spalanca alla conclusiva “Lovebirds”, la più distesa e limpida parentesi del lotto in cui persino un banjo fa capolino nella coda conclusiva, come un piccolo sole esiliato tra tre notti oscure dell’anima che lo sovrastano senza però riuscire a smantellarlo del tutto.
Clara Engel e la sua voce sono (e suonano come in) una caverna. Come ogni caverna è regno dell’ombra ma non può escludere il filtrare di timidi ma purissimi raggi luminosi così questo EP e la sua autrice suonano oscuri ma salvifici, terribilmente preziosi per chi vive ogni giorno come una diaspora da un sogno di purezza primigenia assoluta e incontaminata e getta semi alla notte per far fiorir le stelle.
Ecco, per l’appunto, una stella luminosa nel firmamento di chi solo nella notte trova la strada verso casa. Seguitela.
Di seguito, il link per ascoltare quest’ultima prova di Clara Engel, e qui sotto, una canzone della stessa cantautrice tratta dall’album “Tender” (2008) – http://claraengel.bandcamp.com/album/the-lovebirds-throat