Non è compito dei Cittadini o della Magistratura definire quali, modelli economici e quali sistemi sanitari possano meglio risolvere il rapporto economia – salute (e in genere i problemi di carattere tecnico organizzativo del sistema sanitario).E’ piuttosto il compito di una seria, intelligente e lungimirante azione politica per la quale ciascuno si deve assumere le responsabilità che gli competono e che rimane soggetta al libero e democratico contributo di tutti e all’altrettanto libero e democratico giudizio dei cittadini. Per questo è necessario un ascolto reciproco pacato e costruttivo, senza affrettate contrapposizioni o corti circuiti.
Tale azione politica, per altro, oggi non può non fare i conti con il fenomeno della globalizzazione e, quindi, non può non interrogarsi anche sul suo compito di andare oltre la ristretta visione locale e nazionale del “problema salute” per aprirsi alla definizione di ” politiche sociali” più complessive e sovranazionali, anzitutto europee, tali da estendere a tutti l’effettivo diritto alla salute, così da consentire per tutti la reale fruizione di libertà, democrazia e cultura.
Questa premessa è d’obbligo perché in questo periodo si ha la sensazione di vedere atipici pompieri, che, mentre un edificio brucia, invece di aggredire le fiamme, discutono sulle strategie da adottare per successivi interventi, praticamente abbiamo una classe dirigente con problemi di identità.
Sarà pur vero che qualche problema di un certo peso, affrontato dagli organismi regionali, si avvia a soluzione, come è anche vero che altre cose restano in sospeso, lasciando apparire come ingiustificate, e fuori dai tempi consentiti dal buonsenso, le “discussioni” politiche, non solo in seno alla maggioranza PD che governa la Regione, che sembrano appassionare gli addetti ai lavori più di qualsiasi altra cosa.
Sulla scena, però, si muovono in pochi, senza peraltro avere il coraggio, quantomeno, di vestire i panni dei protagonisti, che si sia nel giusto o nel torto, mentre un buon manipolo prende le distanze. In FVG ci vuole una Regione con quattro o cinque elementi che formino una maggioranza autosufficiente, attuando una rivoluzione politica lungimirante per le sorti politiche regionali e di rimando nazionali e dimostrando, finalmente, una volta per tutte, che la matematica non è un’opinione così come ci è stata insegnata, anche per i conti da salumiere. Purtroppo non è così; spesso, per non dire sempre, la verità, buona o cattiva che sia, sta nelle frottole e in considerazioni certamente indegne di tanti spiriti colti.
Ma la gente oggi chiede a partiti e giunte varie solo di portare la Regione fuori dalla palude della crisi, non gli interessa proprio di continuare a sentire filastrocche da sagrestia di paese contro i cosacchi che stanno per occupare il centro cittadino. Quale risposta gli si darà? Forse che prima di affrontare le varie crisi, bisognerà abbattere quello che di buono fece la precedente Giunta?
Intanto non resta che godersi lo spettacolo di una replica in ventunesima visione di quello che di analogo accade a livello nazionale, con ben altri protagonisti che però propinano l’identica salsetta senza sale, con molto protagonismo a danno di chi sta male davvero, e poca politica, nel senso migliore del termine.
Ma se è vero che ognuno vive la realtà che merita, non si può far altro che innalzare un monumento a futura memoria di chi l’ha voluta, in buona o cattiva fede.