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CLAUDE LEVI-STRAUSS, ANTROPOLOGO ORGANICO #levistrauss #antropologiaculturale #filosofia

Creato il 10 aprile 2013 da Albertomax @albertomassazza

levi-strauss

Claude Levi-Strauss è stato una delle figure più importanti della cultura del novecento. Nato in Belgio da genitori francesi nel 1908, laureatosi alla Sorbona in filosofia nel ’31, quattro anni più tardi accettò una cattedra di sociologia a San Paolo, in Brasile. L’interesse per l’etnologia, alimentato dall’insegnamento universitario di Marcel Mauss, lo spinse a stabilire contatti con le popolazioni indigene che vivevano nella foresta amazzonica. Dapprima, organizzò delle brevi esplorazioni; in seguito, due spedizioni vere e proprie, ognuna di vari mesi di durata, grazie alle quali entrò in contatto con popolazioni poco o per nulla condizionate dall’invadenza della cultura occidentale.

Questa esperienza lo portò ad intuizioni fondamentali per lo sviluppo del suo pensiero e di tutta la cultura contemporanea. Innanzitutto, la convinzione che le diverse organizzazioni sociali e parentali, le diverse manifestazioni culturali non fossero affatto il frutto di libere scelte di un popolo rispetto ad un altro, ma piuttosto le risposte (diverse perchè condizionate dagli ambienti diversi) a delle esigenze strutturali degli uomini. In secondo luogo, la ricchezza culturale, la complessità dell’organizzazione sociale e dei rapporti di parentela osservata tra le popolazioni indigene, lo spinsero ad ingaggiare una polemica radicale contro l’etnocentrismo, ossia il sentimento di superiorità di una cultura evoluta tecnologicamente, come quella occidentale, nei confronti di un’altra, considerata primitiva.

Dalla critica all’etnocentrismo, Levi-Strauss sviluppò una più generale critica al colonialismo occidentale, reo di aver creato dei mostri culturali e ambientali in ogni luogo calpestato. A buon diritto, si può dire che la weltanshauung di Levi-Strauss abbia anticipato molti dei temi cari ai movimenti di protesta saliti alla ribalta dal ’68 in poi.

Al contempo, il suo metodo d’indagine non ha subito alcun condizionamento dalle romanticherie rousseauiane e dal mito del buon selvaggio. Levi-Strauss ha voluto far luce su tutti gli aspetti della vita degli indigeni, particolarmente su quelli più contraddittori e complessi, senza mai cadere nella tentazione di idealizzare stili di vita apparentemente così vicini allo stato di natura. Il suo metodo si è basato sostanzialmente nel guardare l’altro da uomo a uomo, ognuno nel pieno della propria dignità.

Diversi fra i suoi lavori, in virtù di uno spessore e di un gusto  letterario poco comune nell’ambiente filosofico e scientifico, hanno ottenuto un riscontro di lettori ben più ampio del normale ambito specialistico. Tra questi, Tristi tropici, pubblicato nel 1955, resoconto dell’esperienza amazzonica; Il pensiero selvaggio (1962), primo tentativo di organizzazione delle sue teorie; il monumentale Mythologique, in quattro volumi (1964-1971); Antropologia strutturale (1972), definitiva sintesi del suo metodo.

Claude Levi-Strauss si è spento nel 2009, a pochi giorni dal suo centounesimo compleanno, dopo aver attraversato per intero quel secolo a cui ha dato una speranza di progresso sostenibile, fondato sul rispetto e la tolleranza dell’altro da noi.



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