Accompagnato dalle note della celeberrima di Cat Stevens, e da un pubblico entusiasta, uno straordinario Claudio Bisio porta al Teatro della Pergola di Firenze un tema sempre attuale e che, nel corso delle nostre esistenze, finisce, prima o poi, per riguardarci tutti: quello del rapporto genitori-figli. Lo spettacolo, scritto da Michele Serra ed appunto intitolato Father and Son, si conclude con una pioggia di pietre che scende sul palcoscenico e sembra dare forma ad una sorta di gabbia: è la pietraia del Colle della Nasca, invocato fin dalla prima scena, meta di una gita tanto desiderata dal genitore che ad essa attribuisce un grande valore simbolico, ed infine raggiunto, come in un rito d'iniziazione che sancisce un passaggio generazionale che si ripete, nonostante tutto, ancora una volta: per il figlio all'età adulta, per il padre alla vecchiaia.
La pièce diretta da Giorgio Gallione, con sottile ironia e strappando applausi a scena aperta, conferma quanto sia ai giorni nostri più difficile il dialogo, l'interazione tra generazioni diverse. Father and Son, parzialmente tratto dal best seller edito da Feltrinelli Gli sdraiati di Serra, è infatti il racconto del difficile e delicato rapporto che lega un padre al figlio, ma anche e soprattutto del rapporto che lega entrambi alle fragilità e alle incertezze del nostro tempo, difficoltà in cui il pubblico tutto si riconosce.
Bisio restituisce ogni sfumatura alle parole scritte da Serra e, perfetto nei panni del padre "imperfetto", percorre in equilibrio il sottile crinale che separa la comicità della parodia dal crudo realismo, muovendosi tra i tavoli e le sedie di una scenografia onirica, immersa nel cangiante blu dei suoi pensieri, con un armadio sospeso che pare simboleggiare la precarietà della stanza disordinata del figlio. Le musiche di Paolo Silvestri sono eseguite in scena da Laura Masotto al violino e Marco Bianchi alle chitarre che servono a sottolineare con puntualità ed efficacia i diversi quadri dello spettacolo. L'attore sente moltissimo questo testo tanto da dichiarare: "È la storia della mia vita di padre e forse quella di tanti che come Michele, come me hanno figli adolescenti con cui non si comunica, fannulloni un po' arroganti, sempre incollati al computer o al cellulare, indolenti e un po' nemici, che non parlano, non litigano, ragazzi chiusi nei loro jeans a vita bassa, coi calzini poco puliti spesso lasciati sul pavimento di camere ridotte a veri suk...".
E poi continua: "La verità è che noi i giovani li conosciamo poco e male, come dice il padre di Serra. E credo anche che questi nostri adolescenti possano stupirci. Nel finale del libro, per esempio, c'è una scena bellissima, quando il figlio, un po' per noia, un po' perché ha perso una scommessa, accetta di fare la gita in montagna col padre... Si perdono e il padre, come faremmo tutti, va in ansia, pensa subito che il figlio era partito con scarpe inadatte alla montagna, che aveva passato la notte a chattare al computer invece di dormire... "Non dovevo portarlo, ho fatto una cazzata", pensa. "Sarà caduto in un dirupo, non lo troveremo mai"... Finché sente "Papààà": il figlio era già sulla cima, lo aveva sorpassato. Qualcosa del genere mi è capitato con mio figlio Federico, invece che la montagna era la bicicletta. Il fatto è che ha ragione Serra, era più facile amarli quando erano piccoli e quanto è difficile amarli adesso che i nostri corpi hanno ingombri simili e la sua voce è uguale alla mia... Federico è più alto di me".