Claudio Sottocornola
Working ClassYoutubeAnni ‘60 segue a Teen-agers di ieri e di oggi e Decenni, già in rete, e rappresenta l’occasione per entrare nel vivo del repertorio più amato da Sottocornola, che non ha mai nascosto di considerare quel mitico decennio, anagraficamente associato per lui agli anni dell’infanzia, un periodo aureo e irripetibile della Storia del secondo Novecento, quando “si affacciavano alla ribalta… personaggi come Bob Dylan e Allen Ginsberg, Andy Warhol e Lou Reed, dove cinema, letteratura, rock e arte varia si fondevano nell’elaborazione di un modello culturale che sarebbe diventato planetario”. Anche se la musica che arrivava in Italia risultava edulcorata rispetto ai contenuti più caustici e corrosivi del rock anglosassone, dallo jé-jé al beat, dal flower power alla contestazione studentesca, il nostro Paese riuscì comunque ad elaborare in quegli anni una colonna sonora pop-rock e d’autore che sarà poi esportata in tutto il mondo.
Se nella prima parte si va dalla associazione di Volare con Stand by me (l’una apre e l’altra chiude il percorso), all’insistenza sul repertorio delle grandi dive di quegli anni (troviamo Cuore e Fortissimo della Pavone, insieme ad un medley con La partita di pallone e Il ballo del mattone; di Mina Se telefonando ma anche E se domani, di Patty Pravo Se perdo te), fino all’analisi della grande canzone d’autore (Sapore di sale di Paoli, La musica è finita di Bindi, Geordie di Fabrizio de André), nella seconda invece prevale l’attenzione alle nuove istanze critiche e alla fine del decennio, con brani quali Che colpa abbiamo noi dei Rokes o la beatlesiana e struggente Let it be, quasi epitaffio dell’intera decade.Ci si sofferma così sull’inestricabile intreccio fra canzone e società, storia e costume, quotidiano ed epocale, tracciando ritratti dei grandi personaggi della canzone riletti come icone di un’intera generazione: pagine d’ intensa emozione, tutte giocate sulla stretta attualità in cui il filosofo-performer rilegge, ricolloca e reinterpreta i suoi brani prediletti, con piglio malinconico e risentito quanto basta per fa passare il messaggio che quelli erano davvero, per lui ma forse anche per noi, giorni migliori.