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Click chemistry, la pragmaticità della chimica in discussione?

Creato il 05 marzo 2011 da Gifh
Click chemistry, la pragmaticità della chimica in discussione?

Sintesi efficace di architetture molecolari meccanicamente interconnesse. Imagecredit: The Chemical Society of Japan (doi:10.1246/bcsj.80.1856)

In questi ultimi dieci anni le antologie di chimica organica si sono arricchite di un nuovo e importante capitolo. La click chemistry, forse traducibile come la “chimica a scatto”, è una filosofia della chimica moderna introdotta all’inizio di questo millennio da Karl Barry Sharpless (premio Nobel per la chimica nel 2001), distinguendo una categoria di sintesi molecolari condotte in maniera rapida ed efficace grazie all’impiego di quantità minime di reagenti.

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Le applicazioni sono molteplici e le tecniche mirano a soddisfare i più verdi auspici previsti dalle pratiche della Green Chemistry, tuttavia è necessario un certo equilibrio tra pragmaticità e sostenibilità, per evitare di scadere in un facile opportunismo, o peggio ancora, nella bieca speculazione.

Click chemistry, la pragmaticità della chimica in discussione?

Rappresentazione artistica della Click Chemistry. Imagecredit: The Scripps Research Institute

La click chemistry è ispirata dal fatto che in natura le reazioni chimiche si verificano con l’unione di piccole unità modulari, infatti il suo modus operandi imita le peculiarità delle sintesi biologiche approfittando dei vantaggi che ciò comporta. I requisiti che una certa reazione deve rispettare per inserirsi nella categoria sono numerosi e non aggirabili, quindi queste reazioni devono essere modulari e di ampia portata, devono fornire alte rese e generare sottoprodotti ambientalmente innocui, devono inoltre essere stereospecifiche, fisiologicamente stabili e rispettare una certa “economia” degli atomi in gioco. Affinché si verifichino con efficienza, deve esistere una condizione favorevole come un grande stimolo termodinamico (> 84 kJ/mol) in modo che sia favorita la reazione con un singolo prodotto. Un reagente che soddisfi queste condizioni si comporta proprio come una di quelle “antiche” automobiline caricate a molla, una volta lasciate andare sono dirompenti e vanno dritte al bersaglio!

Secondo questa ottica, tali processi devono essere caratterizzati da condizioni di reazione semplici, impiegare reagenti di larga disponibilità evitando invece l’uso di solventi, specialmente quelli meno ambientalmente compatibili (come i clorurati), preferibilmente il mezzo dovrebbe essere acquoso e l’isolamento dei prodotti finali non deve essere troppo  complesso (come la cromatografia), bensì deve contare su tecniche di separazione semplici come la cristallizzazione o la distillazione.

Click chemistry, la pragmaticità della chimica in discussione?

Il trend delle ricerche che riguardano la click chemistry è in aumento vertiginoso. Imagecredit: Paolo Cappella

Le applicazioni, come accennato, sono molteplici e spaziano dal settore farmaceutico alle nanotecnologie, interessando le scienze dei materiali e dei polimeri, la chimica supramolecolare e la progettazione dei dendrimeri, perfino la genetica e la biochimica non si possono escludere, anzi è proprio in questi ultimi due ambiti che gli approcci sono più irruenti.

Appartiene alla click chemistry una delle reazioni più popolari della chimica di questi tempi, la cicloaddizione 1,3 dipolare, conosciuta anche come cicloaddizione di Huisgen tra un azide e un alchino terminale. Si pensi che nel 2006 un paper in cui si descrive l’importanza di questa reazione è stato il più quotato fra tutti quelli inseriti in chimica organica, secondo l’ISI Web of Science, con ben 503 citazioni al suo attivo.

Sharpless si è riferito a questa reazione come alla crème de la crème della click chemistry, ma nella categoria se ne annoverano molte altre, come le reazioni di Diels-Alder, alcune sostituzioni nucleofile soprattutto con piccoli anelli come gli epossidi e  le aziridine e altre reazioni ancora.

Nel video: animazione schematica della sintesi del [2]catenano formato da bipiridinio ciclofano e para-fenilene.

Entrando  nello specifico, la cicloaddizione era già nota fin dai primi anni ’60, la vera svolta fu l’introduzione di un catalizzatore che rese la reazione più favorevole dal punto di vista cinetico, evitando accorgimenti come alte temperature ed elevate pressioni, per ottenere una velocità di reazione ragionevole. Si scoprì che l’utilizzo di un sale di rame(I) accelera la reazione di un fattore dell’ordine di 107 a temperatura ambiente, riducendo nel contempo anche i problemi di ingombro sterico e producendo in condizioni stabili un triazolo inerte a ossidazioni e degradazioni enzimatiche. Tuttavia l’instabilità dello ione rameoso, può essere compromessa da ossidazioni provocate dall’ossigeno disciolto, rendendo il catalizzatore inutilizzabile. Per questo motivo è necessario procedere alla sua generazione ad hoc riducendo ioni di rame bivalente in situ, in un processo costante e controllato e che mantenga alti i livelli del catalizzatore.

La cicloaddizione 1,3 dipolare tra azidi e alchini terminali catalizzata dal rame (CuAAC), spesso viene considerata come la rappresentante principale della click chemistry, ma non è certo l’unica, basti controllare il numero di ricerche emergenti che si occupano dei rotaxani e dei catenani, i quali sono fondamentali per la produzione di interruttori molecolari, una delle nuove frontiere della biochimica applicata alle nanotecnologie.

Click chemistry, la pragmaticità della chimica in discussione?
I criteri per “iscriversi” nella categoria però sono abbastanza soggettivi e non perfettamente delineati, benché sia possibile (lavorandoci) raggiungere un consenso condiviso.

È improbabile che ogni reazione si adatti perfettamente a qualsiasi situazione e applicazione, ma servirebbe qualche compromesso. Inoltre la crescente attenzione che stimola la click chemistry, attira anche cospicui finanziamenti e il rischio di “infiltrazioni” poco attinenti, environmentally incorrect o rivolte  troppo verso il profitto, è elevatissimo.

Qualcuno infatti si è posto il problema, delineando che la green chemistry è una buona cosa per l’ambiente, mentre la click chemistry è soprattutto buona per i chimici, per esempio nell’ottica della riduzione dei costi. Il dibattito sul tema però imperversa, la chimica verde dovrebbe davvero contemplare solo gli aspetti ambientali ed etici oppure dovrebbe accogliere anche quelli economici per un suo più agile progresso?

Anche in Italia, la ricerca scientifica in questo settore manifesta una certa vivacità e i ricercatori impegnati in questo campo sono molto numerosi. Di grande aiuto per questo articolo è stata la consultazione della tesi di laurea del Dr. Paolo Cappella, “Click Chemistry”: una nuova strategia nello studio della proliferazione cellulare, che ringrazio per la condivisione online.

Fonti per le immagini:

  • Bulletin of the Chemical Society of Japan Vol. 80 (2007) , No. 10 pp.1856-1869
  • TheChemBlog: The Click of Catalytic Copper on Carbon Craziness
  • tesi di laurea del Dr. Paolo Cappella
  • The Scripps Research Institute
  • Wikipedia (clip video)

Altre fonti:

  • ChemistryViews: Most Popular Reaction – Most Cited Article
  • Kolb, H., Finn, M., & Sharpless, K. (2001). Click Chemistry: Diverse Chemical Function from a Few Good Reactions Angewandte Chemie International Edition, 40 (11), 2004-2021 DOI: 10.1002/1521-3773(20010601)40:113.0.CO;2-5
  • Bock, V., Hiemstra, H., & van Maarseveen, J. (2006). CuI-Catalyzed Alkyne-Azide “Click” Cycloadditions from a Mechanistic and Synthetic Perspective European Journal of Organic Chemistry, 2006 (1), 51-68 DOI: 10.1002/ejoc.200500483

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