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Il conclave segreto per questo maggio ha deciso di strafare. Ebbene sì, siamo di nuovo riuniti per festeggiare un attore, e mica uno qualunque, no no, un attore che è anche regista, sceneggiatore, produttore, musicista, parlatore con sedie vuote... in due parole: Clint Eastwood.
Ora, non so se il conclave ha deciso di triplicare i suoi appuntamenti solo per andare incontro alla parità dei sessi o per rispettare votazioni non unanimi, o abbia invece deciso di fare questa tripletta proprio nel mese (e nelle settimane) del mio estenuante trasloco, sta di fatto che vedere il film per partecipare a questa celebrazione è stato più difficile del previsto.E pensare che l'entusiasmo era a mille, perchè coglievo l'occasione dell'82esimo compleanno di Clint per poter finalmente vedere Invictus, che all'epoca della sua uscita -ormai più di 3 anni fa- mi era sfuggito.
Perchè questa premessa un po' disfattista? Perchè il film non mi ha entusiasmato come volevo, ecco. E sì, lo ammetto, vederlo dopo 4 ore (e sottolineo 4 ore) di Ikea non è stata una brillante idea, anzi, ma da Clint mi aspettavo qualche brivido in più.Un'altra premessa da fare è che non è che i film a tema sportivo siano proprio nelle mie corde, ma va detto anche che in Invictus lo sport è un mezzo, non solo politico ma anche sociale e rivoluzionario, per portare avanti e instillare ideali.Siamo infatti a metà degli anni '90, Nelson Mandela è stato scarcerato dalla prigione di Robben Island e diventa nuovo Presidente del Sudafrica con l'arduo compito di ristabilire l'unione dopo l'abolizione dell'apartheid. Come fare? Oltre a leggi, buon esempio e una buona dose di coraggio, Mandela capisce che lo sport è un veicolo adattissimo per convogliare frustrazioni e dimenticare le disuguaglianze, e soprattutto il passato. Fa di tutto, quindi, perchè la bistrattata e non così in forma nazionale di rugby si presenti e cerchi di vincere la Coppa del Mondo.
Clint Eastwood prende tutto questo materiale per farne un film didascalico, classico in ogni suo punto di vista, dalla musica che parte in sordina nei momenti più toccanti a flashback e frasi ad effetto. Cosa non va? A prima vista nulla, Invictus mescola una storia potente e significativa portata avanti da un uomo straordinario, con un cast perfetto e dei protagonisti la cui parte sembra tagliata e cucita addosso -vedasi il vecchio saggio Morgan Freeman- e che sanno incassare colpi e battaglie -vedasi un muscoloso Matt Damon. Ma sotto sotto, Clint svolge un lavoro di maniera senza mai staccarsi da un modello, senza osare o premere un po' l'acceleratore. Chiariamo, Mandela e la sua lunga lotta sono qualcosa di unico e incredibile, ma la sua mitizzazione finisce quasi per essere ridondante.Dopo J. Edgar mi pare quindi che il materiale storico non si trasformi in oro colato nelle mani di Clint, che riesce ad essere più maestoso e più pazzesco con temi e storie forti e incisive.Ma ripeto, forse la mia mente si era spenta ancora tra gli scaffali colmi dell'Ikea.
Celebrano il caro e vecchio Clint:
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