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Clizia, il girasole e del perduto amore

Creato il 03 agosto 2010 da Cultura Salentina

 

Clizia, il girasole e del perduto amore

Busto raffigurante Clizia

Tra Apollo e Clizia è amore a prima vista, ma il dio del Sole, da quel seduttore impenitente che è, si invaghisce ben presto di Leucotoe, figlia del re babilonese Orcamo e, con un sotterfugio, le si avvicina e la seduce. A Clizia la cosa non sfugge, ingelosita e offesa si reca allora da Orcamo e gli riferisce tutto. Il re dal canto suo non la prende alla leggera: colto da insano furore ordina di seppellire viva la figlia in una profonda buca. Apollo, che oltre ad essere un donnaiolo è anche un gran romanticone, in ricordo dell’amata ormai perduta cosparge la tomba di nettare profumato: dalla terra nascerà così l’incenso. Clizia, ormai in preda alla disperazione, trascorre il resto dei suoi giorni a seguire con lo sguardo il percorso del carro dell’amato Apollo, finchè, consunta dal dolore, si trasforma in un fiore che ha la caratteristica di volgersi sempre verso il sole. 

 

Clizia, il girasole e del perduto amore

Trulli e girasoli

Fin qui il racconto di Ovidio (Metamorfosi, IV, 190-270) che non specifica però di che fiore si tratti; si limita infatti a descriverlo come di colore viola, tanto da venire identificato ora con l’eliotropo (Heliotropium europaem L.), ora con la calendula (Calendula arvensis L.). E’ appena il caso di dire che a quell’epoca le Americhe non erano state ancora scoperte e solo all’inizio del XVI secolo furono portati in Europa riproduzioni in oro del fiore e semi di girasole (Helianthus annuus L.); saranno i pittori barocchi, a partire dal XVII secolo, a identificare il fiore di Ovidio con il girasole, che per questo motivo ha assunto il significato di incondizionata devozione.

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