Cloud Nine - Nella foresta (II parte)

Da Lerigo Onofrio Ligure @LerigoOLigure
– La ringrazio Quentin. – ammise Selene lasciandosi cadere su un masso, consapevole di dover rimarcare il loro bisogno di non apparire troppo accondiscendenti ai ritmi dei militari – Quanto manca all’accesso sotterraneo? Non sento più i piedi. –
Roman la fissò accigliato, simulando poca pazienza, ma ubbidiente spiegò – Altre due ore, se ci muoviamo con questo passo, anche meno con qualche piccolo sforzo. – quelle parole suggerivano di non affrettare il passo, del resto se tutti loro continuavano a mostrare un basso profilo, Roman avrebbe potuto fare il proprio lavoro e ingraziarsi i soldati di scorta. Lavorare con una squadra intera era molto pericoloso per un agente infiltrato: c’erano da considerare problematiche molto più vaste della normale attenzione ai dettagli, tra cui persino il rapporto di fiducia che l’agente manteneva con i suoi compagni. Se infatti molti infiltrati lavoravano a missioni a lungo termine, rimanendosene in disparte ad osservare, raramente qualcuno poteva intervenire nel loro campo d’azione senza consultarli. Di riflesso lavorare in squadra voleva dire impiegare tutte le capacità dell’infiltrato nel preparare la strada al resto degli agenti, qualità che spesso valevano da sole un’operazione da milioni di dollari xatrani. Per quei motivi gli infiltrati facevano carriera più velocemente degli altri: abili nell’infiltrarsi e privi dell’irruenza degli agenti operativi, erano perfetti per una visione d’insieme come veniva richiesta a un coordinatore di missione. Senza contare i vantaggi di avere un’identità stabile e verificabile, lontana dalle traballanti facciate di un agente operativo che tentava di mantenere l’anonimato, Roman quindi era prezioso, l’unico di loro che poteva passare inosservato ai militari senza farsi scrupolo di portare con se armi. – Riprendiamo. – ordinò l’infiltrato, lanciandole uno sguardo di scuse. – Di già? – sbottò Pratt con un lungo sospiro – Tenente non siamo una mandria da portare al pascolo! – – Proprio per questo. – sintetizzò Roman, avanzando tra la vegetazione. Selene riprese in braccio lo zaino ed evitando di guardare Pratt negli occhi riprese il passo, affiancando proprio l’infiltrato – Sembravi davvero la nostra guida esasperata, poco prima. – – Non è difficile con questa gente. – – Tutti hanno un addestramento base. – fece notare Selene, offesa dal fatto che l’agente considerasse Pratt come un dilettante allo sbaraglio – Persino chi siede alla scrivania. – – Parlavo dei nostri accompagnatori. – ribadì Roman sogghignando – Il Sergente mi ha anticipato un paio di nomi che mi preoccupano non poco: sembra che a CTU ci sia una squadra d’incensati tenuti buoni da uno dei fidatissimi del Colonnello Larsson. – Selene fissò il suo sottoposto con aria incerta, non voleva apparire sciocca, ma non sapeva di cosa stesse parlando l’infiltrato. Come tutti gli infiltrati, Selene mandava a memoria solo le informazioni relative al proprio incarico, in modo da sfruttare la memoria eidetica xatrana come un’arma, purtroppo non aver mai sentito il gergo dei militari non l’aiutava a comprendere quelle parole – Cosa vuoi dire? – – Incensati. – ripeté Roman con un cipiglio divertito – Uomini della Xiria, solo chi lavora con i K’Thor può puzzare così tanto d’incenso. – c’erano poche navi che avevano visto un equipaggio ibrido, ma i vari tentativi di integrazione avevano sempre fallito. Tranne che sulla Xaletra. Durante la guerra di J’aa’Ol, la piccola nave da guerra su cui lo stesso Kolovich prestava servizio era stata dotata di un intero turno di alieni e quando l’attuale comandante della Xiria aveva ricevuto la promozione, molti tra i K’Thor di stanza sulla Xaletra l’avevano seguito. Selene annuì a quelle parole – Probabilmente sarà meglio che io impari lo slang, altrimenti sarà un inferno capire di cosa stiamo parlando. – scherzò nascondendo il proprio imbarazzo per la sua ignoranza della materia. Aveva impiegato un secondo di troppo persino per comprendere che l’infiltrato si era riferito a Camp Thereunder con l’acronimo, ma ci sarebbe stato il tempo di comprendere e imparare quei termini. Il tunnel in cui la loro scorta li fece entrare era molto diverso dalle immagini che Selene aveva studiato: non c’era più alcun segno del parassita e una galleria con tanto d’illuminazione e paratie di sicurezza era andata a sostituire il budello di cunicoli appena sufficienti a far passare le truppe xatrane. Infine il posto di guardia di superficie era presidiato da una squadra di fanteria corazzata e due torrette automatiche che puntavano i loro mortali cannoni verso l’ingresso nel sottosuolo. – Da questo punto in poi non si torna indietro, dottoressa Levkova. – l’avvertì il Sergente, con uno sguardo pieno di ironia, come a voler sottolineare il fatto che quel luogo non era altrettanto sicuro quanto le sgombre foreste e le alture pattugliate. – Non siamo venuti fin qui per tornare indietro. – Roman la fissò un istante, forse chiedendosi se quel tono non era stato eccessivamente sicuro di se, ma l’attimo dopo si mosse verso la camionetta ferma da una parte, il cui guidatore si stava godendo la scena dei nuovi venuti sorseggiando dell’acqua – Caporale quanto ci metti a portare queste persone fino a CTU? – L’autista osservò la squadra di agenti con un cipiglio interrogativo, ma alla vista di Selene si decise ad ammettere – Non posso portare civili senza l’autorizzazione, ma se mi date trenta dollari ciascuno potrei fare un’eccezione e lasciarvi prima del controllo. – Senza battere ciglio Roman afferrò l’autista per l’uniforme – Come osi! Ti farò rapporto, se non ritiri subito quelle parole. Portaci subito a destinazione, abbiamo l’autorizzazione del Governatore. – Bastò uno sguardo a quel poveretto per farli accomodare sulla camionetta e pochi minuti dopo, mentre la luce diurna scemava nell’illuminazione artificiale, il veicolo accelerava nella strada costruita anni prima da un’amministrazione planetaria intenzionata a mettere fine alla guerriglia dei Mutanti. Il Governatore xatrano aveva insistito per costruire una rete di gallerie abbastanza grande da permettere alle compagnie di fanti corazzati di accedere al sottosuolo, per quello c’era una compagnia di fanteria corazzata di stanza all’accesso e persino a Camp Thereunder ci sarebbero stati altri fanti con indosso la tuta corazzata, pronti a dar battaglia a qualsiasi cosa non fosse piaciuta loro. Roman parla di uomini provenienti dalla Xiria, di incensati, come li chiamano qui. Chi diavolo sono queste persone? Il Capitano Kolovich non era famoso per la propria pazienza e la sua abilità nel comandare i soldati era secondaria solo alla sua abilità come condottiero spaziale. La camionetta si fermò in uno spiazzo illuminato a giorno. Selene aveva letto dei vari posti di controllo sparsi nei tunnel, tutte idee di un’amministrazione improntata alla sicurezza militare e all’intenzione di debellare la minaccia dei Mutanti una volta per tutte, anche a discapito dei civili, se necessario. Una tuta corazzata si avvicinò puntando le sue armi contro i nuovi venuti – Identificazione. Non erano previsti nuovi arrivi prima di tre ore. – gridò la voce dell’uomo dentro la tuta, attraverso il comunicatore esterno. Fu Selene a scendere per prima dalla camionetta, avvicinandosi a quella che riconobbe essere la guardia al cancello principale di quel luogo: non un posto di blocco, ma l’accampamento principale della regione, Camp Thereunder – Sono la dottoressa Selene Levkova, siamo qui per ordine dell’amministrazione planetaria. –

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