Decido per il “diario”. Mi accingo a ripetere alcuni concetti dell’ultimo mio articolo “allenamento full time nel team” arricchendoli di particolari e soprattutto di una storia.
L’esperienza di MENTAL COACHING che sto vivendo con staff e giocatori della Virtus Roma sta suscitando curiosità e attenzione nell’ambiente del Basket e non solo.
Ho continue richieste di notizie, di informazioni e dettagli e nel contempo possibilità di scambiare esperienze con colleghi, scrittori, avere contatti con personaggi di livello straordinario.
Come vi ho già scritto, le domande più frequenti sono: Cosa fai? Cosa fate? Ti seguono? Dove inserite gli incontri nel planning settimanale e quanto durano?
A tutti rispondo con piacevole pazienza, dovizia di particolari e soprattutto evidenziando la ormai conclamata condivisione di ruoli e di apporto all’interno del “sistema”.
Il preambolo indispensabile è almeno un accenno su alcune linee guida che insieme abbiamo sottoscritto, sposato, al principio del nostro cammino, del nostro viaggio.
Abbiamo individuato tutti i possibili atteggiamenti dispersivi e del loro contraltare produttivo, l’importanza dell’ uso del focus, di dove e quando mettere l’attenzione.
Ci siamo “riprogrammati” individuando punti deboli nel self talking di ognuno e nelle credenze, condividendo dettagli e sensazioni.
Traiamo energia dal rumore: indipendentemente dal fatto che sia avverso o a favore (parola chiave DESPITE).
Familiarizziamo velocemente con spogliatoi e palazzetti ospitanti (espressione: THE CRIB IS EVERYWHERE) (CRIB letteralmente “culla” è una espressione in slang rafforzativa del concetto “casa”).
Trasformiamo possibili giudizi in rilievi/consigli.
Ormai “attivati” e “sensibili” riconosciamo e riportiamo nelle riunioni, modelli di comportamenti vincenti.
Consideriamo supremo il giusto “FEELING”, abbiamo deciso che è un tesoro da salvaguardare in quanto unico terreno fertile su cui poter impiantare i semi dei risultati che vogliamo ottenere e lavoriamo costantemente sulla consapevolezza che l’acqua che irrora questo campo è un atteggiamento congruente con l’emozione che il raggiungimento del traguardo può dare.
Abbiamo foto, simboli, filmati, parole chiave di gruppo e personali che ci ancorano a certi stati d’animo…
Abbiamo chiari degli obiettivi di squadra, li ricordiamo continuamente arricchendoli di dettagli di volta in volta. Succede spesso che qualcuno richiami il forte gancio tra l’obiettivo personale e quello del team.
Monitoriamo costantemente la road map, la tabella di marcia e ci impegniamo a “elicitare” il meglio da ogni tappa.
Tanta roba :-)!
Chiudo raccontando l’ultima “coaching” di squadra. Credo possa dare un’idea del grado di metabolizzazione e padronanza dei “nuovi strumenti”, del livello di corresponsabilità, e che permetta di accedere al “profumo” del loro spogliatoio, usuale teatro dei nostri incontri.
Dovevamo trarre “esperienza” da 2 sconfitte consecutive, e soprattutto presentare la “strana” riunione a un nuovo giocatore inserito nel gruppo 24 ore prima.
Ho affidato pennarello e computer a Phil Goss, un giocatore esperto, dotato di forte leadership e molto coinvolto nel progetto coaching.
In settimana Phil mi aveva parlato a più riprese della fiducia incrollabile che ha nel gruppo, nelle risorse e nelle possibilità e della pulsione a trasmettere tutto questo agli altri. Gli ho detto che oltre a proseguire nel suo già esemplare comportamento aveva un altro sistema per comunicare tutto questo ai compagni: cedermi il suo posto a sedere nello spogliatoio e condurre lui lo sharing settimanale.
Si è presentato con “professionale” anticipo e munito di un video da lui stesso “tagliato”!
In una vita di “sport vissuto” a tutti i livelli, dal volontariato/dilettantismo fino al professionismo top level, ho visto e sentito innumerevoli giocatori, allenatori, manager, parlare di “lavoro duro = medicina”, di “guardarsi negli occhi”, di “far quadrato” e tante altre espressioni verbali inflazionate e per la verità raramente efficacissime.
Phil, oltre a riportare l’attenzione sugli obiettivi scrivendoli, dopo aver abbandonato il pennarello e il mouse, si è interposto tra noi e il video e ha comunicato usando tutto il corpo, gli occhi.
Con enfasi, trasporto e congruenza ha parlato di SACRIFICIO, PASSIONE e AMORE per il basket…
Lo sguardo del giocatore ultimo arrivato è la risposta al tutto…
DiAndrea Cannavacciuolo