CAPITOLO 2
MASSACRO AL BEERALOT
sabato, ore 21.05
Santino aveva preferito rimanerne fuori. Era molto meglio se fosse rimasto fuori dal locale, primo perché non voleva trovarsi un'altra volta di fronte al burbero Joseph e secondo per non rovinare l'effetto sorpresa che avrebbe provocato l'irruzione di Carmine, Steph, Joe e Vito, gli uomini che don Spinelli aveva inviato al BeerALot per convincere l'irlandese a cedere il locale alla propria gang.
Santino aveva mantenuto la promessa fatta a Joseph. Appena uscito dal pub, dopo aver ricevuto una batosta come mai in vita sua, era corso subito ad avvisare il boss. Spinelli non gradì particolarmente le notizie recategli, quindi decise di inviare una squadra per convincere in maniera definitiva il barista a sottostare al potere degli italiani.
Quella sera ci sarebbe stato lo scontro finale, e se qualche irlandese avesse solo provato ad alzare un dito si sarebbe ritrovato con un buco in testa.
L'italiano si accese una sigaretta e, dopo aver esalato il primo tiro, si rimise ad esaminare la scena dall'unica finestra dello stabile, dalla quale si poteva scorgere distintamente il bancone e il tavolo dei Tre Porcellini. Sembrava che i partecipanti si trovassero in una situazione di stallo: i tre scagnozzi irlandesi erano in piedi con le mani alzate e davanti a loro c'erano Carmine, Steph e Joe, con le armi puntate.
Del bancone se ne stava occupando Vito, con la solita freddezza che lo distingueva da quella massa di esaltati che costituiva la gang di Spinelli. Vito era uno dei membri anziani della famiglia, era il migliore per certi lavori, e in quel momento teneva perfettamente sotto tiro il barista, che si era trovato costretto a deporre sul bancone la doppietta. La situazione sembrava presagire il meglio, le potenziali minacce erano sotto controllo.
In quel momento, Joseph, spalle al muro che quasi sfioravano lo scaffale dei superalcolici, e Vito stavano parlando. Nessuno dei due sembrava essere preoccupato o in preda al panico. L'italiano indicò lo scaffale dei liquori e Joseph, senza dire niente, versò due bicchieri di whisky e uno lo porse al suo rivale. I due bevvero e l'irlandese tornò subito nella posizione di partenza.
Era fatta. Il locale sarebbe passato, nel giro di qualche minuto, in mano a don Spinelli. Missione compiuta.
Mentre Santino si godeva silenziosamente la vittoria, voltandosi un attimo e distogliendo così lo sguardo dalla finestra, udì uno sparo provenire dall'interno del pub. Subito si girò di scatto a appiccicò il naso alla finestra per poter vedere meglio cosa diavolo stesse succedendo. Una macchia di rosso sangue adornava la spalla del barista che, sbalzato indietro dalla forza della pallottola, era andato a sbattere contro lo scaffale alle sue spalle, facendo schiantare a terra un paio di bottiglie di buono scotch invecchiato trent'anni. La pistola fumante di Vito era la causa di tutto ciò. L'irlandese doveva aver esagerato con la sua parlantina, e così tanto da far infuriare il più paziente, tranquillo e spietato mafioso della città. Nemmeno nella sconfitta il barista riconosceva di aver perso tutto il potere che aveva sul locale.
Santino si protese ancora di più contro il vetro e vide Joseph che a stento si rimetteva dritto con la schiena e, con sua summa sorpresa, lo vide scoppiare in una delle sue tonanti risate, infischiandosene completamente della ferita e spiazzando i quattro italiani. I quattro cominciarono a innervosirsi a vista d'occhio.
Steph, con un gesto di stizza, si piazzò davanti ad Alexavier, il Porcellino numero uno, e gli assestò un terribile sinistro in pieno viso. Lo scagnozzo cadde a terra, e il suo aggressore cominciò a pestarlo in pieno volto con il calcio della pistola. Gli altri due Porcellini fissavano l'iracondo Steph con occhi sgranati e carichi d'odio.
Non sarebbe dovuto accadere niente del genere. Come al solito i ragazzi avevano perso ogni freno inibitore e, uno ad uno, cominciarono a picchiare di santa ragione il proprio ostaggio. La situazione stava degenerando troppo in fretta. Solo Vito riusciva a mantenere un minimo di autocontrollo.
In mezzo alle urla di dolore dei Tre Porcellini, e a quelle di puro godimento emesse dai tre italiani immersi nella loro gioia sanguinaria senza senso, si continuava però a sentire la risata di Joseph.
Questo qui è matto, pensò Santino tra sé e sé, non ci sta più con la testa. I suoi uomini sono caduti uno ad uno sotto i colpi del nemico e lui cosa fa? Ride... e di gusto anche.
-Carmine! Steph! Joe! Piantatela subito!-, l'ordine di Vito si sentì fin fuori dal pub.
-Perché capo?- azzardò affermare Carmine, il più sfacciato del gruppo, menando un altro terribile colpo alla testa di Jovan, il secondo dei Porcellini.
-Non osare contraddirmi, idiota!- urlò Vito volgendo gli occhi verso Carmine, rimanendo con il braccio teso e la pistola puntata contro Joseph.
-Ok... ok...- rispose l'altro, e lasciò cadere a terra Jovan ormai svenuto per la quantità di colpi sofferti.
Vito rimase ancora per un attimo a fissare con sguardo severo Carmine, poi tornò a concentrarsi pienamente su Joseph.
-Si può sapere cosa ci trovi di tanto divertente?-
-Rido perché fate ridere...- rispose il barista.
-Ti facciamo ridere eh?! Se non l'hai notato... sei finito, gran pezzo d'idiota- urlò Vito, inquadrando nel mirino la spalla sana del suo avversario.
Il barista scoppiò in un'ennesima risata. -Sei tu che non hai capito un cazzo, caro il mio idiota. Anzi, avete sbagliato proprio tutto, dall'istante in cui siete entrati nel mio pub.-
Vito cominciava veramente a perdere la pazienza. Ancora una risposta del genere e gli avrebbe sparato veramente.
-E sentiamo... in cosa avrei sbagliato?-
L'espressione di Joseph cambiò di colpo. Di punto in bianco i suoi occhi chiarissimi sembrarono emanare scintille elettriche.
-Dovevi portare tutta la tua fottuta gang per poterti impossessare del mio pub...-
Appena il barista pronunciò quella frase, un luccichio metallico proveniente da un tavolo al quale stavano seduti due uomini tutti d'un pezzo colpì lo sguardo di Santino, che non riuscì a credere a ciò che vedeva: una pistola. Non ebbe nemmeno il tempo di avvisare i suoi compagni che riecheggiò nel locale il primo sparo. L'arma puntata contro Joseph cadde a terra, e Vito si portò la mano sinistra al polso destro, sul quale troneggiava in piena vista un foro di pallottola.
Tempo un secondo e quasi tutti gli irlandesi presenti nel pub si buttarono a terra, con grande frastuono di sedie che si ribaltavano. Un altro bevitore, impugnato il suo coltello dalla parte della lama, lanciò la sua arma bianca contro uno degli italiani. In una frazione di secondo l'acciaio si conficcò nel cuore di Carmine, che crollò a terra con un tonfo.
Erano almeno in una ventina ad avere in mano un'arma. Steph e Joe, presi alla sprovvista da quell'iniziativa che proprio non si aspettavano, cominciarono a sparare a casaccio ad altezza d'uomo, non riuscendo a inquadrare un solo bersaglio tanto era lo stupore del quale erano preda, ma un irlandese venne comunque ucciso dai colpi. Fu a quel punto che anche Joe cadde a terra, ucciso da un colpo di doppietta proveniente dal bancone, dietro al quale stava Joseph, impugnando Amanda e urlando di adrenalinica furia omicida. Il secondo colpo di doppietta spettò a Steph, che per vendicarsi almeno un po' dell'agguato subito, si trovava in procinto di sparare un colpo dritto in testa a Dravin, il terzo dei Porcellini. Il proiettile colpì il mafioso al petto, facendogli esplodere le costole e facendolo, infine, cadere di schiena al suolo in una nube di sangue.
Santino non riusciva a muoversi, non riusciva a credere a quello a cui aveva assistito. Era paralizzato dalla paura, completamente attonito per quanto era appena successo. Tutto si era svolto nel giro di pochi secondi.
Per fortuna tutti nel locale erano concentrati su quello che si era appena svolto dalle parti del bancone, così l'italiano poté tranquillamente rimanere alla finestra senza che qualcuno lo notasse e, dopo qualche attimo, sgattaiolare via, impaurito come un tenero agnellino.
All'interno del pub c'era ancora un italiano in vita, Vito. Joseph caricò la doppietta e, uscendo dal banco, si diresse verso colui che gli aveva sparato a tradimento. Appena gli fu a non più di un metro di distanza puntò Amanda verso di lui e, come se si trattasse di normale amministrazione, fece fuoco. Santino, continuando a correre, sentì solo lo sparo e non volle nemmeno immaginarsi di come era stato ridotto il volto del capo della loro spedizione.
Joseph si protese in avanti fissando il viso di Vito, ormai ridotto ad una massa sanguinolenta di carne e sangue, e con sorpresa dei presenti ci sputò sopra.
-Era uno scotch invecchiato trent'anni, stronzo!-
domenica, ore 01.02
Era stato un errore voler conquistare quel bar. Non si era rivelata una buona idea fin dal principio, ma si sa come sono fatti i boss: vogliono avere il controllo su tutto e riuscire a guadagnare sempre di più.
Santino a volte si chiedeva se quelle storie a metà tra il romantico e il tragico riguardanti la mafia fossero mai accadute veramente. Molto probabilmente erano solo delle invenzioni cinematografiche per tenere lo spettatore incollato allo schermo. In quello che facevano per guadagnarsi da vivere non c'era nessun onore. Quando scoppiava una guerra con un'altra gang, o famiglia che dir si voglia, non vi era nulla di romantico e i personaggi che vi partecipavano non brillavano in quanto ad arguzia. Se eri fortunato te la cavavi con qualche ferita di striscio, ma la maggior parte ci rimettevano qualche parte del corpo o addirittura la vita. Tuttavia questa era la vita che si era scelto, ingannato però dai suddetti film.
Devi essere un idiota bello e buono se decidi di vivere così. E Santino sentiva di esserlo.
Sappiamo benissimo di come certi pensieri affiorino nella nostra mente solo nel momento della sconfitta e Santino si trovava in un momento simile.
Neanche l'essere stato con una prostituta era riuscito a tirarlo su di morale. Subito dopo il massacro si era recato a passo tremolante verso la periferia, il regno delle prostitute e della peggior feccia del mondo. Qui era riuscito a convincere una di loro a lavorare un po', ma nel bel mezzo dell'amplesso le sussurrò all'orecchio che l'amava. Non vi era motivo apparente per dire o per credere ad una cosa simile, tuttavia lei si alzò dal letto, si rivestì e urlando lo mandò a quel paese, senza volere neanche un centesimo. E dire che Santino era una specie di esperto per quanto riguarda il settore, e sapeva benissimo che non bisogna mai dire ad una prostituta di quanto la si ama, men che meno mentre la si sta facendo lavorare. Errore madornale, ma Santino era così sconvolto che non si rendeva conto di quello che faceva. La sua mente era entrata in uno stato quasi catatonico, in cui faceva eseguire al corpo delle azioni abituali nella massima indifferenza dell'individuo. Neanche si rendeva conto di trovarsi a letto con una prostituta quando le rivolse la suddetta frase.
Pensando a tutte queste cose Santino camminava per le strade del centro città, lontano dal proprio quartiere e soprattutto dal BeerALot pub. La luce dei lampioni illuminava debolmente il marciapiede, ma tanto bastava per permettere alle gambe di compiere automaticamente un passo dopo l'altro senza inciampare, permettendo così alla mente di vagare libera.
Una leggera foschia aleggiava appena sopra le luci, donando alle strade un'atmosfera che ricordava le viuzze della Whitechapel di fine '800. Santino non si sarebbe stupito, per completare a dovere quel macabro quadretto, di intravedere sul marciapiede un pazzo intento a squartare la sua vittima. Nello stato in cui si trovava avrebbe potuto unirsi al famoso squartatore, per divertirsi un po' a maneggiare intestini e organi vari a mani nude. Chissà, forse sarebbe riuscito ad imparare qualcosa di anatomia o quel tanto che basta per riuscire a sciogliersi dalla famiglia e cominciare una nuova vita.
Santino non voleva tornare da don Spinelli. Quello di tornare per riferire delle pessime notizie sul conto della squadra inviata al BeerALot era l'ultimo dei suoi pensieri. Per non accennare poi al fatto che se avesse riferito una notizia del genere sarebbe stato sottoposto ad un interrogatorio, e alla fine di esso sarebbe stato o ucciso o messo sotto sorveglianza ventiquattr'ore su ventiquattro.
Meglio farla finita con tutto.
No... che la facciano finita loro.
Perché rinunciare alla nostra vita solo per evitare quegli ostacoli che si interpongono tra noi e la nostra felicità?
Ecco, sì. Santino avrebbe cominciato una vita nuova. Ormai era deciso. Sarebbe scappato da quella dannata città portando con sé tutto quello che stava in una valigia. Avrebbe preso il primo treno per chissàddove e si sarebbe trovato un buon lavoro, un impiego onesto.
Sì... niente male come piano.
Un leggero sorriso si dipinse sulla faccia di Santino, che fece dietrofront e cominciò a camminare a passo spedito verso casa.
-Santino?-, una voce lo chiamò dal vicolo buio alla sua sinistra.
L'italiano fece un salto indietro dallo spavento.
Dio che paura. Non riusciva nemmeno a scorgere la persona che l'aveva chiamato tanto era buio.
-S... S... Sì?!- rispose balbettando.
Un dolore atroce al cuore lo fece arretrare di qualche passo. Si guardò il petto e vide che vi si era aperto un foro, largo più o meno quanto un pollice, e dal quale cominciò a sgorgare copioso il sangue. Gli occhi gli si spalancarono.
Un'altra esplosione di dolore, questa volta alla coscia sinistra, lo costrinse a lasciarsi andare sul marciapiede.
Dal buio del vicolo cominciò a delinearsi una sagoma, una specie di ombra cinese, che pian piano cominciò a definirsi.
-Tu! Sei arrivato presto...- disse Santino rantolando.
-Devi scusarmi-, disse l'altro, -ma vado di fretta.-
Il terzo proiettile andò a conficcarsi nella fronte di Santino senza dargli nemmeno il tempo di dire un'ultima parola.
Almeno questa era una svolta... bel cambiamento di vita.
Don Spinelli sarebbe stato soddisfatto di lui, ora che era morto. Ucciso da un suo compagno... c'è qualcosa di più vile?
Chissà... cambiando vita avrebbe potuto buttarsi in politica. Tanto un mafioso in più o in meno non avrebbe certo fatto differenza.
THE END
E.