Il Jobs Act elimina il co.co.pro, lascia in vita le co.co.co. e fa nascere una domanda: cosa prenderà il posto delle collaborazioni? Come verranno gestiti adesso questi rapporti borderline? Tutti dipendenti? Tutti a partita IVA? O c'è ancora qualche spazio di manovra, qualche zona grigia?
Co.co.co., parasubordinazione, collaborazione occasionale. Per tanti anni sinonimi di precariato, ora scomparsi dall'ordinamento italiano grazie al Jobs Act. Ne abbiamo già parlato prima della versione definitiva del decreto, ora è il momento di chiarire alcuni punti e farsi due domande.
Il decreto legislativo 81 del 2015 toglie la possibilità di stipulare contratti a progetto e "mini co.co.co.", dette anche "collaborazioni occasionali", le prestazioni, cioè, di durata inferiore ai 30 giorni nell'anno solare e con un tetto massimo di € 5.000 nello stesso periodo.
Allo stesso tempo, con la «Riconduzione al lavoro subordinato», dal 1° gennaio ad ogni nuovo contratto a progetto verrà applicata la disciplina del lavoro comune, vale a dire il contratto subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti mentre rimarranno in vita, fino alla loro scadenza, quelli stipulati prima del 25 giugno, data di entrata in vigore della nuova legge.
Faranno eccezione, ricordiamo, quattro situazioni:
- I co.co.pro. disciplinati da contratti collettivi nazionali di lavoro:
- Quelli stipulati con professionisti iscritti all'albo;
- I rapporti di mandato gestorio, cioè quelli dei componenti di organi di amministrazione o controllo;
- Le collaborazioni istituzionali con società sportive dilettantistiche.
A queste quattro eccezioni va aggiunta anche la possibilità di certificare (in sede protetta e con l'assistenza di un consulente, di un sindacalista o di un legale) l'assenza, dal rapporto di lavoro, degli indici che fanno scattare l'applicazione della disciplina del lavoro subordinato, vale a dire:
- personalità della prestazione;
- continuatività;
- etero-organizzazione anche realtiva ai tempi (orario di lavoro) e ai luoghi della prestazione lavorativa.
È importante capire bene questi indici perchè dicono cosa sarà, da ora in poi, lavoro subordinato, parasubordinato o autonomo.
FANTASMI DEL VECCHIO PRECARIATO
Del parasubordinato resta lo spettro peggiore: le collaborazioni continuate e continuative. Non si tratta di un contratto vero e proprio, ma di una prassi che può solo essere arginata ma non vietata, che resta in piedi grazie alle norme fiscali – soprattutto quelle relative alla gestione separata INPS – e ad una norma del diritto processuale, l'articolo 409 del codice di procedura civile. Le co.co.co. possono essere a tempo indeterminato ma non sono lavoro dipendente: è il precariato senza limiti. Sono convenienti: dal lato dei costi, la gestione separata INPS costa molto meno di quella ordinaria, mentre dal lato del rapporto, il collaboratore – che non essendo considerato professionista non ha l'obbligo di aprire una partita IVA – non viene considerato un dipendente, ma un autonomo lavoratore. Se pensate ad un'ondata di co.co.co., però, questa sarà piuttosto difficile. Basta che il committente dia al collaboratore un luogo e un orario che già scatta la "trappola" della etero-organizzazione. Per di più, con una piccola astuzia, la sanatoria per il datore "pentito" (quello che dal 1° gennaio 2016 si vedrà cancellati gli illeciti del passato dopo aver stabilizzato a tempo indeterminato i collaboratori) può essere invocata in una minaccia da parte del co.co.co. non genuino: o il datore si sbriga a stabilizzare (cosa che è già invogliato a fare dalla legge) o con una repentina impugnazione il giudice trasformerà la traballante posizione del collaboratore in un posto di lavoro a vita. Certo, coperto dall'art. 18 e non dalle tutele crescenti, ma intanto, all'ex collaboratore vanno restituite ferie non godute, malattie, contributi…
I collaboratori continuativi sono destinati ad eclissarsi. Sicuramente una prestazione continuativa sarà difficile da regolare fuori dallo schema del lavoro subordinato. Ci penserà il lavoro accessorio tramite voucher? Anche qua, difficile: un voucher ha valore di 7,5€ netti/ora e il collaboratore può riceverne solo per un ammontare di € 2.000 all'anno per committente. Fatti i conti: 266 ore all'anno, massimo, cioè 33 giorni e 2 ore.
SOLUZIONI A METÀ
E per quei lavori non dipendenti, non professionali e non continuativi? È vero che le "mini co.co.co." erano strumento ampiamente abusato, nella fattispecie ben oltre i 30 giorni all'anno o i 5.000€ di tetto massimo, ma non si può dire che non fossero comode. Il Jobs Act non lascia scelta: o voucher o partita IVA. Così però restano scoperte le collaborazioni occasionali non professionali e non continuative coordinate dal committente che non si prestano ad essere pagate in voucher, ad esempio – e come esempio capirete che è di quelli eclatanti – restano scoperti alcuni lavoretti dove non c'è contatto fisico tra committente e collaboratore. Stiamo parlando di quei lavori che vengono condotti esclusivamente online.
Se abitate a Siracusa e volete che il vostro sito web sia realizzato da uno studente di informatica di Torino, insomma, non vi resta che chiedergli di aprire la partita IVA, mandargli i voucher per posta ordinaria (nel 2015!) oppure pagarlo in nero. Sembra insomma che il Jobs Act non si sia accorto dell'esistenza di Internet.
Naturalmente, l'approfondimento non finisce qui. Continueremo a seguire gli sviluppi interpretativi del Ministero del Lavoro e dell'INPS per capire, come sempre, dove sta andando a finire il mercato del lavoro.
Approfondimenti:
Diverse_fattispecie_di_lavoro_occasionale
Lavoratori_autonomi_occasionali
Simone Caroli