Oggi potremmo riflettere su tre virtù intimamente connesse: la coerenza, la fatica, la speranza.
Innanzitutto perché vorrei potere approfondire proprio questi tre aspetti del vivere quotidiano? Perché questi tre volti della vita convivono strettamente a contatto con il pensiero equilibrato, ossia chi vive nell’ottica di una filosofia così come nei giorni precedenti si è argomentato, deve continuamente misurarsi con il bisogno di coerenza, con il bisogno di fare fatica e con il bisogno della speranza.
Perché la coerenza: perché non si può parlare di correttezza, di rispetto dell’altro e di giustizia se non si è minimamente coerenti; non si parla della coerenza ad un modello esterno che ci viene propinato da chicchessia, si sta parlando di modelli interni che scegliamo di fare propri.
Perché il bisogno di fare fatica: può sembrare banale ma la saggezza degli antichi non può essere certo smentita; tutto il mondo mitologico con le sue avventurose figure esprime questa necessità, ossia non c’è conquista che possa avere un valore e che possa perdurare nel tempo senza che sia costata la fatica della propria realizzazione, non solo intesa come fatica dell’impegno a fare, ma anche intesa come fatica dell’impegno a rispettare. Che cosa mai si sarebbe chiamati a rispettare? Per esempio i sentimenti degli altri, del nostro prossimo; per esempio i codici d’onore; per esempio le proprietà altrui…e si potrebbe continuare nella lista.
Perché la speranza: ecco il terzo e più importante passaggio. Dopo l’elogio della coerenza, ossia di chi conosce il valore delle parole e dei gesti e vuole conservarsi fedele; dopo l’elogio della fatica, ossia di chi conosce il valore dell’essere degno del proprio comportamento; ecco quasi a volere bilanciare il quadro della situazione l’elogio della speranza. Ci si può domandare che cosa si abbia a dovere sperare e se sia indispensabile arrivare all’esercizio della speranza; la mia risposta è che non c’è futuro senza speranza.
Che cos’è allora il futuro? Il futuro è la possibilità del cambiamento, la possibilità del cambiamento è il bisogno di potere migliorare le proprie condizioni e questo richiude il cerchio or ora iniziato; si era partiti dal dovere di rispettare un modello scelto e fatto proprio, si arriva al pensiero che questo comportamento non è di per sé garante di felicità ma garante di premessa alla felicità stessa.
Cosa significa? Significa che l’essere che vuole diventare felice (felici non si nasce, ci si costruisce) deve superare innumerevoli scogli, piccoli o grandi che siano e deve mettersi in attesa, aspettando il suo turno. Nessuno di noi può sapere quando detta felicità intesa come perfetta fusione di ciò che sentiamo con quello che pensiamo sia pronta a caderci addosso; l’importante è di non rinunciarci, è di sapere aspettare.