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Cogito ergo protesto

Creato il 14 ottobre 2011 da Dallomoantonella

COGITO ERGO PROTESTO La protesta degli indignati a Roma (Ansa)

Oggi gli indignati manifestano in 82 paesi, a Roma dalle 14

Chi sono gli indignati?

Sono un fenomeno del nostro attuale momento  storico.

Cosa vogliono? come si muovono? da dove vengono? come si organizzano? cosa esprimono? chi o cosa  li  unisce?

In parte si può rispondere a tutti questi interrogativi: hanno persino steso un loro manifesto  partecipato da ottantadue paesi del mondo   e   nel contesto italiano  i suoi membri   hanno  rivolto una  lettera aperta al Presidente Napolitano. Esiste un video sul web che ne illustra  gli scopi, gli aneliti, i contenuti.   L’interrogativo che rimarrebbe senza facile risposta sarebbe invece :  ”Cosa otterranno? cosa sapranno costruire? come saranno tenuti a trasformarsi? cos’ hanno in comune  con il movimento della rivoluzione giovanile del 68? che cosa li differenzia radicalmente?”

Quello che otterranno e costruiranno,  ma ci piace dire  otterremo e costruiremo, è troppo presto per dirlo.  Dipenderà e dipende  da come si muove la grande scena politica ed economica nella quale tutti questi fenomeni  singoli e partecipati  si muovono.  Dipenderà e dipende    dall’originalità e dalla forza  vera ed interiore  che questi protestatori  del mondo  sapranno mettere in campo.  Dipenderà  dalle risposte  che la  società civile tutta saprà    elaborare e progettare nei singoli contesti locali.

Intanto i giovani scendono in piazza da  Wall street a   Bankitalia,  da nord a sud, da est a ovest…  e  vogliono andarci  sotto nessuna bandiera,  perchè ce l’hanno  con tutti e con tutto perchè  il loro (  e dunque il nostro futuro)    è stato buttato a mare;  cestinato, bocciato, bruciato.

Intanto il popolo dei  protestatori   si trova   sulla rete e comunica con dei mezzi  che  lo   portano    in un attimo nel centro   della  scena.  Usano un linguaggio  che non bada  da tempo  alle formalità,  che conosce  molto bene le ragioni del dissenso  ma che non  conosce, perchè nessuno  glie ne ha dato occasione,  le ragioni   dell’assenso   reale   all’essere collettivi.

Riflettiamo:  al di là di ogni considerazione ,   dal caos  della movida  protestataria   bisognerà comunque  tirare fuori  dei  progetti, degli intenti, e cos’è tutto questo  se non  ”Il fare banale  della  politica”? proprio quella stessa politica che gli indignati  aprioristicamente  rifiutano, condannano e  rigettano?

Non conosco un modo di fare  progettazione  che non sia quello di mettersi seduti intorno a un tavolo.

Il fatto è che i tavoli intorno  ai quali sedersi  si sono fatti  davvero  un po’ troppo imbarazzanti, e non per colpa di chi ci va a sedersi con le miglior intenzioni, ma per colpa di chi ha fatto  da tempo  dello Stato  un luogo  vergognoso di cui non andare fieri.

Tornare  ad  amare  il proprio  paese, tornare ad amare la propria città, tornare a sperare  di potere costruire una propria famiglia  con delle possibilità minime di sviluppo, tornare  a riconoscere  i bisogni  elementari delle persone, tornare  a sentirsi  investiti  di responsabilità e di doveri  che non possono essere derogati o delegati  a chicchessia.

Tornare a essere uomini  seri  che non rinunciano per questo alla leggerezza della vita, al suo naturale bisogno  di allegria  e di  provvidenziale follia…

Stiamo per questo ad osservare e non con le mani in mano; riempiamo allora  la nostra agenda di  scadenze e di  possibilità, senza chiudere alcuna   porta  che non si sia rivelata, con nostra grande soddisfazione,  irrecuperabile.

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