1967: Col cuore in gola di Tinto Brass
Tinto Brass (che MyMovies definisce “un grande e insuperato poeta della carne”) da decenni è famoso per i suoi film altamente erotici. Ma nel suo curriculum troviamo opere del tutto diverse.
Allievo di Rossellini e con una forte influenza della Nouvelle Vague, realizzò una decina di lavori, profondamente diversi l’uno dall’altro, evidenziando spesso una accesa critica sociale, ma soprattutto “Tinto Brass è stato un grande regista di straordinari film surreali, psichedelici e fortemente Pop. Quella Art, però. Un cinema forte, ribelle e profondamente laico; nel senso d’intelligente” (Roberto Giannotti): Col cuore in gola -miscellanea di thriller e noir tratto da un romanzo di Sergio Donati, tra i più celebrati giallisti italiani- è un tipico esempio di questa fase del regista milanese… ma non dei più riusciti.
“La trama è confusa e poco interessante” sostiene giustamente il Morandini: spesso non è spiegato come e perché avvenga una certa cosa, a volte non si comprende chi siano i vari personaggi che ci vengono presentati. Ma è chiaro che a Brass la sceneggiatura interessa poco. L’attenzione è tutta rivolta all’aspetto formale (si sente molto la consulenza artistica di Guido Crepax) e da questo punto di vista Col cuore in gola può risultare godibile e costituire una valida testimonianza degli anni Sessanta e della «swinging London» allora massimamente in auge. Evidente omaggio al Blow Up di Antonioni, il film si caratterizza per il ritmo che si vorrebbe vorticoso (ma il tutto è talmente farraginoso che la nostra partecipazione latita e la noia e l’irritazione a volte non esitano ad apparire), per gli sperimentalismi vari, per l’uso particolare della fotografia-del montaggio-delle inquadrature. Coerente e appropriata (ma troppo invasiva) la musica di Armando Trovaioli.
Purtroppo Col cuore in gola si caratterizza anche per l’insolita pessima prestazione di uno dei migliori attori che il cinema europeo possa vantare nella sua storia. Jean-Louis Trintignant (appena reduce dai trionfi de Il sorpasso e di Un uomo, una donna, ma prima di Z – L’orgia del potere e de Il conformista) sembra, giustamente, non credere molto nel suo personaggio né nella storia che viene raccontata: il risultato è un interpretazione poco convinta, monocorde e svogliata.
p.s.
Girovagando su Internet si ha conferma della non encomiabile abitudine di molti a riferire troppo in dettaglio la trama dei film recensiti: da il Morandini a Wikipedia abbiamo anche il finale della storia (rivelarlo in un thriller mi sembra un peccato non veniale).
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