La capivo, comprendevo il suo dolore che divenne immediatamente anche il mio, pur non avendo mai provato una sensazione del genere.Ero affranto, amareggiato, dispiaciuto e avvilito.Io l'avevo ridotta in quello stato.La colpa era la mia.Le leggevo, in quello sguardo disanimato e avvizzito, la stanchezza, lo sfinimento e il tormento.Si, la colpa era la mia, io l'avevo lasciata sola.Stupidamente, pensavo che ce l'avrebbe fatta e che non avrebbe avuto bisogno di me.Lasciarla sola, che stupido che sono stato.Andar via e sbattere la porta.
Il solito egoista.Io l'ho ridotta in quella situazione e mi sento davvero in colpa.L'ho lasciata annegare nel suo desiderio naturale e necessario, non in un qualsiasi desiderio vano, irrealizzabile o artificiale. Non mi aveva mai chiesto nulla di utopico e con quel poco che le davo riusciva a deliziarmi con le sue forme, i suoi colori e i suoi profumi.La colpa era la mia e non potevo perdonarmelo.La prossima volta, se ci sarà una prossima volta, che starò fuori per più di quattro giorni, devo assolutamente ricordare a mamma di passare da casa mia ad annaffiare l'Erica.
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