Colpito ed affondato

Da Distesa
Di ritorno da Verona. Tre giorni fra Cerea e Vinitaly, più che altro per salutare gli amici, incontrare qualche faccia vista finora solo sui nuovi social-media, respirare l'aria del ViViT.
Alla fine quello che mi è rimasto maggiormente impresso, quello che mi ha davvero colpito ed affondato, è l'editoriale del nuovo numero di Pietre Colorate affidato a Francesco De Franco.
"In natura non esiste il tempo, né tantomeno il tempo lineare, concetto immaginato dagli uomini come una freccia lanciata verso l'infinito, un procedere frazionato e ordinato di azioni utile a pianificare e dominare l'agire degli uomini e funzionale all'idea della crescita illimitata.
Nella nostra contemporaneità l'uomo ha creduto e crede che con l'ausilio della tecnica sia possibile realizzare tutto, dovunque. Penso sia necessario fare un passo indietro e provare a riascoltare la primavera. Vivere intensamente il presente, entrare nel flusso ciclico della natura e cercare di risuonare con essa per riacquisire la sensibilità che la cultura contadina aveva sviluppato in secoli di umile osservazione. Dimenticare il nostro tempo e riconoscere alla natura un ordine superiore alla vanità umana del fare senza limite". 
Ecco, queste parole sole valgono più delle mille discussioni su Cerea o Vinnatur o Vinitaly, sui vini naturali o veri o biologici, sulla biodinamica o sulla certificazione. Siamo di fronte ad una contraddizione così radicale che riguarda l'intera dimensione ontologica dell'uomo. Pochi se ne rendono conto, ma la questione della Terra, e dunque solo in ultima istanza del vino naturale, è sempre più al centro di ogni riflessione sullo "sviluppo" o sul "progresso". Ed è una questione così radicale che risulta irriducibile ad ogni pretesa di riduzionismo economico o, peggio, markettaro.
A me fa piacere aver potuto incontrare in questi anni, lunghe le strade che ci hanno portato nelle varie "riserve indiane" del vino contadino - io preferisco chiamarle "comunità" - persone come Francesco. Con le quali è possibile condividere scelte e percorsi, inserendo le nostre identità particolari dentro uno scenario più vasto e generale, filosofico prima che economico.
Forse è possibile ripartire da qui. Da un concetto di comunità organizzata in grado di parlare una lingua differente. Il primo compito, allora, sarebbe quello di trovare un linguaggio.

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