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“Come curare un’ala spezzata” di Bob Graham, Il Castoro

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

alaspezzataCredo che uno dei mali del nostro tempo sia l’indifferenza. L’indifferenza è, allo stesso tempo, madre e figlia della spersonalizzazione dell’essere umano, della sua privazione di valore e, quindi, della negazione dei suoi diritti.

Per questo motivo un albo come “Come curare un’ala spezzata” di Bob Graham è sostenuto da Amnesty International, perché, come recita la quarta di copertina “offre un contributo a una migliore comprensione dei diritti umani e dei valori che li sottendono”.

Che di valori tratti, questo libro dal gran formato allietato dalle garbate, morbide e leggere illustrazioni dell’autore, è indubbio. Già ad un primo sfogliare manifesta, deciso, il suo spirito, che unisce spontaneità ed eloquenza, calore e freschezza.

Allo stesso tempo è un’opera dalla grande forza narrativa, interessantissima per costruzione, nella quale testo e illustrazioni si alternano in una forma insolita, quasi come se procedessero su spazi temporali diversi. Alla parte testuale, infatti, è affidata la sintesi, mentre a quella iconica la dilatazione dei tempi scenici. Le figure sono così, come in un wordless book, il teatro dell’azione, e quindi della storia, mentre le parole si sobbarcano la chiusura del senso e offrono un lievissimo focus sui momenti cruciali.

A differenza di un classico picture book, le due componenti narrative parrebbero quasi poter essere prese singolarmente, in special modo le figure. Ma in realtà il testo, gentile e pacato, fornisce un’ossatura portante al racconto rafforzandone il significato morale.

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Nel mezzo di una grande metropoli, accade che un piccolo colombo, durante il suo volo, si lasci confondere dal crudele inganno di una vetrata e, tramortito, precipiti a terra precipitando nel bel mezzo di una piazza affollata.
Nessuno pare accorgersi di lui fin quando dalle scale del Metrò non si vedono salire il piccolo Billy e la sua mamma.

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Qui Graham usa un espediente figurativo-narrativo di tipo cinematografico (o fotografico) rendendo tutte le componenti della scena nei toni opachi del grigio tranne il bambino, che invece è vestito di accesi rossi e blu, ha le gote rosa e i capelli chiari.

Billy si accorge dell’uccellino riverso in terra, delle sue ferite e si accora nel desiderio di raccoglierlo.
Nel momento stesso in cui questo accade, la spenta doppia tavola, affollata da tanti passanti, si accende in un angolo di un punto di luce, che avvolge il bimbo, il colombo e la mamma. Anche quest’ultima, infatti, nell’attimo in cui comprende e condivide la causa del figlio, acquista colore.

Il passaggio da grigio-cupo a colorato-luminoso è ovviamente un trucco illustrativo che simboleggia un contenuto di valore. E’ una narrazione ricca di forza che si fa evidente da sé e permette al lettore, anche piccolo, di fare l’esperienza dell’emozione, pur senza la comprensione dei concetti di massa, indifferenza, solitudine, attenzione, valorizzazione dell’altro…e molti altri.

Da lì in poi, mentre le tinte arrivano a rendere più vivace l’intero albo, parte l’opera di accoglienza e cura del piccolo volatile.

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Coinvolto anche il papà – le famiglie disegnate da Graham appaiono affiatate e sintoniche – il colombo viene fasciato, imboccato, gli si fornisce prima una casetta d’emergenza, poi una gabbietta fatta ad hoc.

Dalle tavole, alcune grandi altre piccine, che raccontano la premurosa assistenza all’uccellino, trasuda un senso di dedizione e amore. Senza parole si mostra che i giorni passano e che il prendersi cura richiede tempo, pazienza, forza di volontà e capacità di dare sostegno materiale ed emotivo.

Come fanno spesso i bambini, ingenui e sognatori, anche per Billy tutto è possibile.
Perfino – chissà – riattaccare una piuma persa al colombo. Sta al papà spiegare che quella no, non si può rimettere a posto – non tutto torna sempre come prima, dopo una caduta – ma l’ala sì, quella si può aggiustare e restituire così all’amico la sua essenza e la sua libertà.

Da evidenziare il concetto, sottolineato anche a parole, di pazienza. La cura costa tempo e fatica, richiede di affrontare e superare qualche delusione e frustrazione, ma il compito consta anche nel darsi, e dare, speranza.
Volerà infine, il fortunato animale, di nuovo sulla stessa piazza che lo aveva visto cadere. Billy e la sua famiglia lo lasceranno andare, perché il senso di accudire – come quello di amare – non è trattenere, né attendersi qualcosa in cambio, ma riconoscere e sostenere nell’altro la propria natura, che sia quella d’uccello o di essere umano.

(età consigliata: dai 3 anni)

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