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Come de saint-exupery

Da Ultimafila22

di Giacomo Pagone

Ho volato su terre sconosciute, imparato i nomi dei venti stranieri che hanno cullato i miei voli, ho visto genti diverse, mari, montagne e colline. Ho volato con la pioggia e con il sole, di giorno e di notte. Ho imparato a riconoscere le stelle che illuminavano il mio cammino, ho ammirato la Luna in ogni sua fase, mentre il mio volo si stagliava, nitido, nella sua immagine.

Io, illusa sognatrice, sfortunata Icaro delle speranze negate, solo ora mi rendo conto di quanto effimera sia la vita. In un solo respiro tutto ciò che è stato fatto lascia il posto ai rimpianti di ciò che avremmo voluto fare. Avrei voluto volare intorno al mondo, avrei voluto vedere dall’alto le vette delle montagne più alte, le foreste più impenetrabili, i mari infiniti.

Avrei voluto volare nei cieli più diversi per conoscere nuove stelle che indicassero nuovi cammini, perché volare è la mia vita.

Avrei voluto essere spinta da nuovi venti, bagnata da nuove piogge, avrei voluto respirare nuovi profumi, gli odori di nuovi mari. E, invece, colpita a morte, precipito abbandonando al vento i miei sogni di aviatore. Come fece de Saint-Exupéry, me ne andrò anch’io cadendo in terra, strappata al cielo.

Non temo la morte come fine della vita, la temo come fine di qualcosa, della mia sete di conoscenza, della mia fame di avventura, delle possibilità che mi vengono negate.

Ricordo ora il profumo dei prati bagnati dalla rugiada mattutina, quando ancora il mondo giace addormentato. E l’ebbrezza di volare nel tramonto, verso il sole che scompare dietro l’orizzonte.

Potessi rinascere mille volte, sceglierei sempre questa vita, per quanto breve possa essere. In ogni mia esistenza vorrei scoprire luoghi inesplorati e vivere nuove emozioni, per poi dimenticarle una volta esalato il mio ultimo respiro, per poterle rivivere, nuovamente, nelle successive vite.

Come il polline portato dal vento, anch’io sono una nave nelle mani dell’aria. Ella decide la mia rotta. Come le Parche, anche i venti hanno in mano il mio destino, decidono della mia esistenza.

E il soffio del vento altri non è che il respiro di vita che anima il mio minuto corpo. Verranno nuove ere, sorgeranno nuove foreste, nuova linfa vitale scorrerà in questo mondo, ma io sarò sempre al mio posto, pronta a sorvolare le luci delle città illuminate che si rifletteranno nello specchio immobile di mari scuri.

E in questo inno alla vita, in questa ode all’avventura, io ripongo le speranze di una misera esistenza. Non guarderò le stelle immaginando di scoprire nuovi mondi, mi accontenterò di sognare di scoprire questo mondo, su cui mi è concesso vivere, poiché nemmeno in mille vite sarà possibile conoscerlo realmente.

Come un navigatore traccerò mappe delle terre conosciute, e mi ostinerò a cercare quelle ancora inesplorate, per placare la mia seta di vita, che in questo istante viene brutalmente estinta.

Se anche mi fosse concessa un’unica ora di vita, la userei per volare più lontano dell’orizzonte, per poi cadere, felice e stremata, spingendo il mio ultimo sguardo dove il mio volo non è riuscito ad arrivare.

E nell’attimo precedente all’oblio, ne sono sicura, scoprirei un nuovo mondo da esplorare in una prossima vita.

Il fato, però, è beffardo. Disegna trame a noi sconosciute. E così, abbandonata dalle forze, mi arrendo al destino e mi ricongiungo, per sempre, a quella terra che ho sempre ammirato dall’alto.

Porterò con me gli odori dei campi di grano, il rumore del mare che si infrange sugli scogli, i colori di un prato fiorito.

Eppure, nell’ultimo attimo della mia vita, nell’ultimo bagliore di luce che avidamente imprimo nella mia mente, non posso non pensare cosa rimane di questa mia vita tanto avventurosa?

L’impronta di una pantofola sul muro ed una frase:

“Ti ho colpito, finalmente, maledetta zanzara!”



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