Prendi una banca in oggettive difficoltà, le cui azioni valgono nulla.
Si fa l'accorpamento delle azioni, magari in rapporto da 1 a 100, poichè strumentale all'aumento di capitale che deve per forza fare, facendo piazza pulita dei piccoli azionisti, magari pensionati o dipendenti della stessa banca.
La banca (sempre la solita) annuncia un aumento di capitale sociale, magari di quasi 2 volte il valore di borsa della stessa banca.
Si dispone che per partecipare all'aumento di capitale, per ogni 5 vecchie azioni possedute, magari se ne debbano sottoscrivere 214 al prezzo di un euro.
A questo punto, si consideri che il prezzo di sottoscrizione di Euro 1,00 per azione rappresenti il prezzo con uno sconto pari a circa il 35,5% rispetto al prezzo teorico ex diritto (c.d. Theoretical Ex Right Price - TERP) calcolato al prezzo di chiusura del 5 giugno 2014, che è risultato essere di 24,64 euro.
Ne consegue che il valore di ogni nuova azione sarà di 1.54 mentre quello dei diritti di 23,10 euro.
Ora si ipotizzi anche che i diritti valgano solo per due settimane. Quindi o lo si esercitano lo si vendono. Ma per esercitarli occorrono soldi, molti soldi.
Considerato che agli azionisti viene chiesto un forte impegno finanziario (214 nuove azioni per ogni 5 possedute) molti piccoli risparmiatori, magari, non avendo la possibilità di partecipare all'aumento di capitale saranno costretti a vendere i diritti, determinandone la caduta del prezzo.
A questo punto entrano in campo gli avvoltoi, che comprano i diritti a prezzi ribassati e spazzano via i piccoli azionisti della banca di partito. Che comunque non hanno contato mai un cazzo.
Semplice, no?