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Come diventare ecofamiglie? Lo racconta Elisa Artuso alias @mestieredimamma

Creato il 12 dicembre 2012 da Minimoimpatto

ecofamiglie

Elisa Artuso è una cara amica di Minimo Impatto, una ragazza squisita e davvero una ecomamma (conoscete MestierediMamma? Ebbene, è proprio lei!). Per questo, in occasione di Ecofamiglie, il suo primo libro (parla anche di noi!!!) non potevamo non intervistarla per i nostri eco amici.

Elisa, come definiresti una ecofamiglia?
una Eco-famiglia è innanzitutto una famiglia consapevole, che intraprende un percorso di informazione, che acquista con spirito critico, che autoproduce, che sceglie anche di non-comprare, a volte.

La tua famiglia come è diventata “eco”?
Voglio precisare che noi stiamo sperimentando un percorso, non ci sentiamo “arrivati” e credo che ci sia sempre spazio per imparare cose nuove e vivere ogni giorno il cambiamento. A farci cambiare è stato un progetto scolastico, al quale abbiamo partecipato inizialmente solo come “genitori spettatori” (conferenze, incontri, corsi), poi piano piano impegnandoci in prima persona e dando il nostro contributo nella creazione di un gruppo d’acquisto solidale. L’informazione è venuta prima, e poi la scoperta che le relazioni positive che si possono vivere (ad esempio attraverso un gas) sono la molla che ti aiuta a cambiare, a scegliere in modo più consapevole cosa mettere in tavola, cosa comprare e cosa evitare, come vivere in generale in modo più sostenibile, senza farsi traviare dalla pubblicità e dal marketing subdolo dei prodotti per la famiglia, per i bambini etc. Così abbiamo smesso di fare acquisti al supermercato, abbiamo iniziato a usare di più la bici e abbiamo poi eliminato la seconda auto, abbiamo scoperto il baratto e i negozi dell’usato e ci siamo innamorati dell’autoproduzione, una cosa che vediamo come un investimento: fare conserve, marmellate, detersivi, pane e pizza in casa significa qualificare il tempo che si vive in famiglia.

L’ecosostenibilità ai figli, la si fa “solamente” vivere o la si spiega anche?
Beh, dipende dall’età. Sicuramente se la vivono come una cosa naturale saranno portati a considerarla un’abitudine positiva, in qualche modo irrinunciabile, ed è lì che c’è il miglior investimento sul nostro e sul loro futuro. La mia bimba più grande che ha 6 anni nonostante abbia un insano istinto consumista (comprerebbe di tutto e non butterebbe mai nulla!) ha anche una grande sensibilità: se le dico che una cosa è uno “spreco” ad esempio, è attentissima e mi fa un sacco di domande, ha capito che al gas compriamo le cose che producono i nostri amici produttori, che sono buone e che non si trovano al supermercato che peraltro ormai frequentiamo davvero raramente. Sa come differenziare i rifiuti e perché… a volte sottovalutiamo i bambini mentre hanno un grado di consapevolezza e di comprensione a volte disarmanti. La loro curiosità va sempre saziata.

Cosa ti ha animato nello scrivere il libro?
Ho intravisto la possibilità di far circolare delle idee in cui credevo, che per me sono state positive. Il percorso che ho vissuto è stato in un certo senso illuminante e ho conosciuto un editore impegnato – Il Leone Verde – sensibile e attento a questi temi, che mi ha incoraggiato moltissimo a portare avanti questo progetto. Spero che i genitori che lo leggono ne colgano lo spirito. Per me il punto di partenze per vivere in modo “eco” è la relazione: solo attraverso connessioni leggere e attraverso la condivisione delle idee possiamo cambiare i quartieri, i comuni, gli ambienti che frequentiamo. Lo dobbiamo ai nostri figli.


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