Da venerdì è in edicola l’ultimo numero de L’Europeo, il mensile nato nel 2001 sulle ceneri dell’omonimo settimanale fondato nel 1945 da Arrigo Benedetti. Nelle sue pagine di inchiesta e reportage corredati da indimenticabili fotografie si formarono, negli anni, generazioni di cronisti, contribuendo a fare de L’Europeo una delle colonne della storia del giornalismo italiano.
La crisi del settore e quella, acuta, del gruppo Rcs ha portato alla chiusura della testata che fu di Giorgio Bocca, Alberto Moravia, Mario Pannunzio, Oriana Fallaci, Camilla Cederna, Indro Montanelli, Ennio Flaiano e tantissimi altri. Nell’ultimo editoriale, l’attuale direttore Daniele Protti parla di «un errore di strategia culturale ed editoriale».
Nel numero 2 del 1968 della rivista, una quarantenne Oriana Fallaci raccontava – insieme col fotografo Gianfranco Moroldo - l’atrocità della guerra in Vietnam in un reportage rimasto negli annali. Ne riporto qualche riga:
Siamo a Dak To. Un campo militare con una pista nel mezzo, bucata dai mortai di stanotte. Decine di elicotteri e aerei che decollano o atterrano in una tempesta di polvere rossa, un fragore che spacca gli orecchi. Centinaia di camion e di jeep che trasportan soldati dalla barba lunga e lo sguardo stanco. Postazioni di artiglieria che vomitano cannonate ogni trenta secondi facendo tremare la terra e il tuo stomaco. Eppure come doveva essere bello il Vietnam quando non c’era la guerra. I monti dove ora si muore son blocchi di giada e smeraldo, il cielo dove ora schizzan bombe è una cappa color fiordaliso, e il fiume che ora serve a spegnere gli incendi ha un’acqua così limpida, fresca. Come doveva essere facile sentirsi felici quaggiù, andando a pescare sulle rive, a passeggiare nei boschi.
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