Report torna su Anas, la società pubblica che gestisce 25.000 chilometri di strade e autostrade. Ad aprile ci eravamo occupati di vari argomenti: del viadotto siciliano Scorciavacche, inaugurato senza collaudo con tre mesi di anticipo e con la rampa d'accesso crollata dopo una settimana; delle gallerie tra le Marche e l'Umbria, dove le ditte d'appalto non avrebbero messo il cemento prescritto da progetto; della Maglie- Leuca, in Puglia, dove nei progetti nessuno aveva visto le discariche sotto il terreno. Il giorno dopo la nostra inchiesta l'allora Presidente di Anas, Pietro Ciucci, si era dimesso. Al suo posto, a maggio, arriva Gianni Vittorio Armani, e dopo sei mesi tutti i nodi vengono al pettine. Tra le maglie del pettine finisce impigliata anche Antonella Accroglianò, passata alle cronache come la Dama Nera. A fine ottobre, la Guardia di Finanza perquisisce gli uffici Anas di mezza Italia e arresta dieci persone, tra dirigenti e funzionari Anas, imprenditori che hanno in corso appalti milionari e anche l'ex sottosegretario alle infrastrutture Luigi Meduri. Secondo gli inquirenti, Antonella Accroglianò, dirigente del comparto tecnico amministrativo, era a capo di una cellula criminale che otteneva tangenti in cambio di appalti, o per velocizzare le pratiche , accordi bonari e contenziosi che in Anas sono arrivati a ben 9 miliardi. Viene fuori che gli indagati sono 31, e non solo gli 11 riportati dai giornali. Compreso uno dei 3 condirettori generali di Ciucci, pagati circa 400.000 euro l'anno, Alfredo Bajo, indagato per abuso d'ufficio. E' andato in pensione, ma dirige ancora Anas International anche se secondo la legge Madia, non può ricoprire incarichi dirigenziali in società pubbliche a titolo oneroso. Anche Stefano Liani, ex capo compartimento in Toscana fino al 2010, quando Ciucci lo nomina a Roma Direttore centrale nuove Costruzioni, è indagato. Armani lo ha promosso anche Direttore Progettazione e Realizzazione Lavori, dandogli in mano, praticamente, la direzione della costruzione di tutte le nuove strade. Suo fratello, Marco Liani, era in Anas fino al 2005. Esce perché condannato per corruzione, ma un anno fa rientra negli appalti con una società di cui è socio al 33%. Liani, intervistato, dice: "non sono io che do gli appalti e di quel che fa mio fratello l'ho saputo dai giornali". Qualche giorno dopo la nostra intervista, però, Armani ha tolto l'appalto alla società del fratello di Stefano Liani, e dice: "Io non mi fido di nessuno". L'Anas è un sistema malato" e io ho la responsabilità di lavorare in un ambiente dove la persona a cui hai dato responsabilità potrebbe essere un delinquente".
L'anticipazione su Reportime: Il nuovo presidente Armani spiega a Boursier: “io sono arrivato in un posto dove non mi posso fidare di nessuno”. Ci sta provando a cambiare le cose, Armani, mandando a casa dirigenti indagati o ruotandoli come funzioni e posto di lavoro. Ma purtroppo non si può bloccare i lavori di Anas per le inchieste e rimane ancora molto da fare, per fare pulizia. Una vecchia inchiesta di Report sul business dei funerali, a Roma, dove una lobby ristretta di aziende di pompe funebri sarebbe stato concesso per anni di avere una presenza nella camera mortuaria negli ospedali romani, per aggiudicarsi tutti i funerali. Così queste, in barba alle leggi e alla concorrenza, si sono prese metà di tutti i funerali, con un aggravio dei costi a carico dei familiari che pagavano più del dovuto. E chi denuncia subisce pure degli attentati. "CARISSIMA SALMA" di Bernardo Iovene
Report torna sul caro estinto dopo 17 anni documentando la protesta nelle camere mortuarie degli agenti delle onoranze funebri che contestano l'appalto scaduto da oltre un anno affidato ad un loro concorrente. Negli ospedali romani per anni accade quello che era sempre stato considerato un illecito, la presenza di agenzie funebri nella camera mortuaria, addirittura al sant'Andrea le ditte pagavano per avere in appalto la gestione. Era previsto, infatti, che recuperassero la somma dai funerali. Questa prassi ha permesso a poche agenzie di aggiudicarsi in media la metà dei 28 mila funerali che si celebrano a Roma. Teoricamente invece, a contendersi il caro estinto nella capitale ci sarebbero circa 600 agenzie.Report ha raccontato lo scandalo della banca senese prima ancora che se ne occupasse la procura: la banca che concedeva finanziamenti a pioggia alla città, ai politici, agli amici degli amici, per tenersi buoni tutti. Fino a quando, dopo aver spolpato tutta la ciccia, è stata salvata con 4 miliardi di soldi pubblici, poi restituiti. Prima dello scandalo delle banche popolari, che per fare liquidità hanno continuato a vendere obbligazioni “pericolose” senza informare i correntisti, e dopo lo scandalo bancopoli di Fiorani, popolare di Lodi e dei furbetti del quartierino, c'è stato lo scandalo di MPS. Come a dire che sulle banche non abbiamo imparato niente. Un delitto con troppi morti, i correntisti e i dipendenti lasciati a spasso e con troppi colpevoli che non pagheranno a sufficienza. I manager MPS, i politici che hanno goduto dei crediti, ma anche Consob, Bankitalia e Abi. "IL MONTE DEI MISTERI" Di Paolo Mondani
Report ha documentato anche lo stato in cui versano i cimiteri napoletani dove il Comune ha deciso di affidare i servizi, con un bando di gara, a una ditta esterna, e così gli ex seppellitori abusivi, che per decenni si sono presi cura delle tombe dei cari defunti, saranno estromessi definitivamente.
Il 13 novembre scorso la Procura della Repubblica di Siena ha riaperto le indagini sul caso della morte di David Rossi, dopo averle archiviate per suicidio. David Rossi è stato capo comunicazione della banca e braccio destro di Giuseppe Mussari, già dominus di Mps. Dopo l'archiviazione, la famiglia di David ha dato mandato a tre periti di produrre un approfondimento (su dinamica della caduta, aspetto medico legale e grafologico) che hanno convinto la Procura a riaprire le indagini. Report analizza le parti salienti delle perizie.
Nel frattempo, continuano le indagini giudiziarie sulle spericolate operazioni della gestione Mussari del Monte dei Paschi. La procura di Milano che indaga su questi fatti ha prodotto una perizia sui bilanci recenti della banca. Mentre la Consob dopo molto tempo si sveglia e contesta a Montepaschi i bilanci dal 2012 al 2014.
Ancora tu, ma non dovevano vederci più? Il ponte sullo Stretto, quel progetto di ponte sullo stretto, a campata unica, in quel tratto di mare, affidato a quelle imprese, con quei controllori, con quei costi, nella Sicilia dove i ponti crollano e i treni viaggiano a binario unico. Una solenne presa in giro per gli italiani. Pensavamo di ver chiuso tutta la partita con Monti, una delle poche cose buone del presidente col loden (assieme alla bocciatura di Roma per le olimpiadi). E invece, eccolo tornare sulle prime pagine dei giornali, un altro frutto delle larghe intese, una delle concessioni che Renzi e Delrio devono fare agli appetiti di NCD (e non solo) nel sud Italia. Del ponte se ne era occupata Stefania Rimini nel 2003 "OPERAZIONE PONTE" Di Stefania Rimini
C'era una volta il ponte sospeso più lungo del mondo: un'illusione che ci è già costata 312 milioni e che rischiamo di pagare ancora più cara. Nel 2002 i manager della società Stretto di Messina ci avevano annunciato che la prima pietra sarebbe stata posata nel giro di 3 anni. Da allora ne è passata di acqua sotto il non-ponte e l'unica pietra che si intravede è il macigno delle penali che rischia di caderci tra capo e collo: oltre 800 milioni di indennizzo che pretendono i costruttori e i consulenti, rimasti a bocca asciutta. Ma cosa ha fatto il consorzio Eurolink, capeggiato da Salini-Impregilo, per meritarsi il risarcimento? E se davvero al contribuente toccherà sborsare quasi 1 miliardo per il nulla, di chi sarà la responsabilità? Intanto i Siciliani e i Calabresi stanno già pagando i costi reali della telenovela ponte-non ponte, perché con l'alibi del ponte che sarebbe arrivato e avrebbe risolto tutto, per anni non si è fatto più niente per migliorare le infrastrutture e soprattutto per affrontare il dramma che in queste zone è la madre di tanti guai: il dissesto idrogeologico.Sigfrido Ranucci aveva condotto un'inchiesta su peacemaker certificati dal ministero in modo superficiale: cosa hanno portato le indagini della GdF?
"IL DANNO E LA BEFFA" Di Sigfrido Ranucci
Report torna dopo un anno ad occuparsi del laboratorio dell' Istituto Superiore di Sanità che doveva certificare i dispositivi medici quali Pacemaker, neurostimolatori e stent. Avevamo denunciato che i macchinari per effettuare i test erano fatiscenti e fuori uso, sebbene continuassero a uscire dall' Istituto Superiore le certificazioni. Dopo la nostra denuncia gli investigatori del Nucleo della Guardia di Finanza di Roma sono entrati nell' Istituto, e vedremo che cosa è emerso dopo un anno di indagini.
Sulla gestione dei beni confiscati alla mafia lo Stato si gioca buona parte della sua credibilità, nei confronti di quei cittadini che vivono in zone controllate dalla criminalità. Non sempre i beni vengono destinati ad usi sociali: Giulio Valesini racconta il caso di Fasano, di un boss che pignora i beni (suoi) sequestrati. IL BISCOTTO PERFETTO Di Giulio Valesini
Come gestisce lo stato i beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali? Un tesoro che vale miliardi di euro tra aziende, immobili e conti bancari, gestiti dal 2010 dall'Agenzia Nazionale, un ente che dipende dal ministero dell'Interno. Lo stato prevede che i beni tolti alla criminalità vengano destinati ad usi pubblici e sociali. Ma spesso questo non avviene. E ci sono casi in cui è lo stato a subire la beffa più grande. Come a Fasano, in provincia di Brindisi, dove il tribunale da ragione ad un ex contrabbandiere che aveva chiesto di pignorare una parte dei beni che lo stato gli aveva confiscato solo qualche anno prima. A lui, assunto nel panificio sequestrato, nessuno si è ricordato di pagare il tfr cui però aveva diritto. Una vicenda sulla quale il direttore dell'agenzia Nazionale per i Beni confiscati, Umberto Postiglione, dopo la segnalazione di Report, ha promesso di fare una denuncia alla Procura della Repubblica.