Prima o poi bisognerà chiarire il ruolo avuto da alcuni paesi membri dell’Ue nel caos Ucraino. Per esempio ora. L’Europa Unita ha troppe stelle sulla sua bandiera che non brillano per fedeltà ai valori dell’Unione e per senso di responsabilità verso i suoi cittadini.
Uno Stato in particolare trama più di altri alle sue spalle, al fine di facilitare le strategie destabilizzanti dell’amministrazione Usa e portare disordini fin sull’uscio di casa nostra. Stiamo parlando della Polonia ammalata di russofobia e parte avanzata di quella nuova Europa, contrapposta alla vecchia, che piaceva tanto a Brzezinski e che continua a piacere ad Obama. Et pour cause. Le intese con la Polonia, con gli altri paesi europei che facevano parte del patto di Varsavia e con gli ex satelliti baltici dell’Urss, garantiscono agli Usa il controllo delle politiche strategiche comunitarie e condizionano pesantemente le relazioni con Mosca.
La Polonia fa il doppio gioco pur essendosi accomodata alla nostra tavola imbandita di fondi e aiuti per l’integrazione. E’ quella che ha divorato di più a ufo. Essa ha ricevuto tanto da noi ma ha dato in cambio solo frutti avvelenati che ci stanno costando non poco sullo scacchiere euroasiatico.
E’ vero che dietro i ricatti di Varsavia si muove Washington, ma con l’affaire di Kiev si è superato davvero il livello di guardia che mette a rischio la nostra sicurezza geopolitica. Non siamo i soli ad affermarlo. Secondo l’ex pilota ed analista militare rumeno, Valentin Vasilescu, una delle ragioni per cui Putin non ha risolto la crisi ucraina con un intervento diretto è stata l’imprevedibilità dei polacchi e dei loro protettori statunitensi: “…La Polonia, che è governata da politici imprevedibili è ossessionata dall’idea di provocare un conflitto con la Russia, dunque sarebbe stata in grado di prendere una decisione che avrebbe portato ad un enorme disastro in Europa. L’esercito polacco avrebbe concentrato forze e mezzi per entrare in Ucraina. L’articolo 5 del Trattato NATO sancisce il sostegno dell’alleanza ad uno Stato membro, a condizione che il territorio di tale Stato membro sia invaso militarmente. Nel 1999, in Jugoslavia, la NATO ha dimostrato di non rispettare le norme internazionali, se non quando si tratta degli altri, fatto ancor più visibile oggi. E grazie alla adesione della Polonia alla NATO, per cui l’organizzazione dispone di un piano di emergenza o di intervento, l’esercito polacco impegnato nella lotta contro l’Ucraina, avrebbe chiamato in soccorso unità tedesche e americane di stanza in Germania”. Insomma, correvamo il serio pericolo di essere trascinati in un conflitto senza via d’uscita che avrebbe coinvolto l’Alleanza Atlantica e la Russia, e che il Cremlino ha voluto intelligentemente evitare.
Nonostante l’Occidente, sin dalle prime fasi della guerra civile ucraina, abbia accusato Mosca di aver interferito nelle questioni interne della nazione, fornendo assistenza militare e mezzi ai “separatisti” del Donbass, sappiamo che le cose stanno altrimenti. Il Piano di destabilizzazione atlantico dell’Ucraina viene da molto lontano, come è stato ammesso da alcuni commentatori statunitensi. La Nato lo ha studiato, modificato, applicato e revisionato man mano che laggiù si sviluppavano gli eventi. Qui siamo in grado di fornirvi dei retroscena che la dicono lunga sul ruolo avuto dal premio Nobel per la pace Barack Obama e dai suoi partner in questo sanguinoso confronto.
I polacchi hanno addestrato gli squadroni della morte che operano in Ucraina, a partire dal settembre 2013. Un centinaio di militanti di Settore Destro sono stati reclutati e formati nel centro della polizia a Legionowo, vicino Varsavia. Per aggirare le leggi internazionali ed europee i polacchi hanno coperto l’operazione ricorrendo ai programmi di scambi universitari. Arrivati nelle caserme i militanti sono stati istruiti alla rivoluzione, secondo un copione già applicato altrove. Il manuale di Geene Sharp sull’eversione democratica è stato aggiornato fino alle sue estreme e ferali conseguenze.
I miliziani di Pravy Sektor hanno così imparato le tecniche della guerriglia urbana e sono stati edotti sulle modalità di scatenamento delle proteste di massa, sull’innalzamento di barricate, sugli assalti ai palazzi del potere e agli edifici amministrativi. Quel che serve per gettare nel dramma la vita quotidiana dei cittadini. Tutto con la complicità dei governanti e degli apparati di sicurezza di uno Stato organico alla Ue.
Nei giorni caldi delle proteste di piazza, mentre Yanukovic aveva le mani legate dalle minacce occidentali, alcuni personaggi di spicco della diplomazia internazionale ed europea soffiavano sul fuoco delle contestazioni, invitando implicitamente i sediziosi di Majdan a spingersi a violenze più efferate. Le dichiarazioni del Ministro degli esteri polacco tolgono ogni dubbio in proposito: “Sosteniamo la linea dura adottata da Settore Destro … Le azioni radicali sono giustificate”. Si tratta degli stessi politici e commentatori che adesso non tollerano la resistenza del Sud-Est e chiedono a Poroshenko di usare il pugno di ferro per venire a capo della situazione. Il neo Presidente ha subito ubbidito concentrando una potenza di fuoco inusitata, con armi proibite dalle convenzioni internazionali, sui civili dell’area.
Ma il peggio si sta verificando in queste fasi perché di fronte all’impreparazione dell’esercito di Kiev, colpito da pesanti defezioni negli organici, i polacchi e gli statunitensi hanno deciso di agire direttamente, fregandosene del diritto internazionale. More solito. Alcuni episodi sono, sotto questo punto di vista, molto emblematici. L’11 maggio, un aereo è atterrato all’aeroporto di Kiev. Oltre ai rifornimenti militari Nato sono sbarcati mercenari polacchi di ASBS, un’agenzia creata alcuni anni fa dall’attuale ministro polacco degli Interni, B. Sienkiewicz. Questi giannizzeri sono andati ad affiancare i colleghi di Academi (compagnia militare privata statunitense, ne abbiamo parlato in altri commenti), quelli della Cia e del FBI che stanno dirigendo le operazioni e le incursioni nelle regioni orientali dichiaratesi indipendenti.
Le maggiori efferatezze sulla popolazione civile nel Donbass sono commesse da queste squadre straniere, nel silenzio delle autorità e dei media nostrani. Secondo le informazioni disponibili i polacchi hanno perso 6 uomini nelle spedizioni punitive Sud-Est mentre le unità americane uccise sarebbero poco più di una sessantina. L’accanimento della Nato nei confronti di queste regioni dell’Ucraina deriva anche dal fatto che senza di loro Kiev non ha la forza economica per andare avanti. Senza il Donbass, le sue risorse, le sue fabbriche e la sua manodopera, l’Ucraina non ha alcuna speranza di sopravvivere.
La speciale ferocia riservata a città come Slavyansk e Kramatorsk deriva dagli appetiti stranieri sul loro sottosuolo che sarebbe ricco di shale gas. Le multinazionali americane aspettano di firmare contratti di sfruttamento a condizioni vantaggiose scacciando indietro qualsiasi concorrenza. Perdere questi business sarebbe per loro una disfatta, perché del resto dell’Ucraina non sanno che farsene, salvo accollarla al bilancio comunitario.
Ancora una volta l’Europa si è fatta trascinare in un vicolo cieco dagli Usa che sono pronti a scaricare su di essa le conseguenze della sua prepotenza. Comunque evolvano gli eventi abbiamo una sola certezza: sarà Bruxelles a pagare lo scotto della belligeranza di Washington, ora e nelle prossime iniziative, anche in termini di deterioramento dei rapporti con la Russia. Russia di cui abbiamo un immenso bisogno per uscire dalla crisi economica e ripensare il nostro ricollocamento sulla scacchiera regionale e mondiale nell’avanzante periodo multipolare. Nel frattempo a Donetsk, Lugansk, Slaviansk, Kromatorsk ecc. ecc. si continua a soffrire e perire a causa della nostra complicità e debolezza. Anche questo è un crimine imperdonabile da addebitare ad una classe dirigente continentale senza scorza e spina dorsale.