Voto: 5 Fragile RespiroA cura di: Davide Belardo
Presentata fuori concorso all’ottava edizione del “Festival Internazionale del Film di Roma” la pellicola, che segna il ritorno al ruolo di attrice per Valeria Golino a due anni dalla partecipazione in “La Kryptonite nella borsa” di Ivan Cotroneo (2011), è liberamente ispirata agli ultimi tormentati anni di vita di Armida Miserere, una delle prime donne direttrici di carcere, guidata da un importante e doveroso senso di giustizia ed annientata dall’incredibile dolore interiore vissuto con esso.
Armida Miserere (Valeria Golino) riuscì ad affermarsi in un ambiente militarizzato e maschilista, nonostante l’evolversi della legge Gozzini, ottenendo il rispetto e la stima dei suoi colleghi e della popolazione carceraria. Considerazione che la stessa ha dovuto ottenere e mantenere attraverso una personalità forte e dura, in netta contrapposizione con il suo dramma interno.
La sceneggiatura scritta da Heidrun Schleef, Nicola Lusuardi e dal regista Marco Simon Puccioni, ispirata ad un soggetto scritto dallo stesso regista, ci descrive una donna inizialmente felice nel pieno degli anni prima della scomparsa del suo collega e compagno Umberto Mormile (Filippo Timi), per mano della mafia. Uno sviluppo tragico degli eventi che segna l’inizio di una via dolorosa. Un trauma interiore che inizialmente non ha sconfitto la donna, tenuta in piedi solo dal suo forte senso del dovere. Un rigore morale con il quale Armida ha accettato senza discutere tutti gli incarichi ricevuti dall’amministrazione delle carceri.
Attraverso una libera ricostruzione storica il film ci mostra gli ultimi anni di Armida tramite una suddivisioni in capitoli collegarti accuratamente dagli incarichi che la stessa ha ricevuto ed eseguito prima della sua scomparsa. Una frammentazione mal gestita che limita lo sviluppo della narrazione ben oltre la non facile scrittura di una sceneggiatura imperfetta, colpita a morte da interpretazioni prive di emotività e monoespressive. Di tutto il cast ci sentiamo di segnalare solo la buona prova del sempre poco sfruttato Francesco Scianna.
Un'occasione sprecata per ricostruire e rappresentare un capitolo importante della nostra nazione. Uno spaccato di storia che si muove a cavallo delle stragi di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Il film disegna i punti salienti della vita della donna senza mai scendere nelle viscere profonde di tanto dolore.
Un film limitato e limitante dal suo non essere ne inchiesta ne tanto meno ricostruzione storica.