Danilo Zatta, Partner in Simon-Kucher & Partners
Limitarsi al proprio fiuto quando si tratta di determinare i prezzi vuol dire mettere a repentaglio i profitti dell’azienda. Vi sono inoltre molte aziende con 1.000, 10.000 o diverse centinaia di migliaia di prodotti – con una tale complessità - dove la definizione sistematica del pricing è obbligatoria. Ciò vale per il commercio all’ingrosso e al dettaglio, per beni di largo consumo, per aziende del settore moda, turistico o software, imprese logistiche ma anche produttori di automobili o macchine utensili che vendono oltre ai prodotti migliaia di parti di ricambio. La difficoltà per queste aziende multiprodotto risiede nella necessità di trovare un modo per gestire la determinazione a volte settimanale o addirittura giornaliera di questa enorme mole di prezzi. La tipica soluzione è quella del cost plus, ossia partire dalla base di costo e ricaricare un margine prestabilito. Tale soluzione, seppur di facile applicazione quando si conosce la precisa base di costo, trascura parametri molto importanti, come l’elasticità della domanda al prezzo o la disponibilità al pagamento della clientela. Una soluzione più indicata rispetto al cost plus si ritrova nei seguenti 5 passi.
1. Determinare l’elasticità
L’elasticità della domanda al prezzo descrive la reazione di variazioni di domanda dei clienti dovute a cambiamenti del prezzo. Una domanda elastica implica che piccole variazioni di prezzo producono forti variazioni delle quantità richieste, mentre in mercati anelastici anche più forti, variazioni di prezzo non sortiscono effetti di volume. Una bassa elasticità può avere diversi cause, tra le quali ad esempio una forte fidelizzazione della clientela dovuta ad un forte marchio, l’assenza di prodotti alternativi, elevati costi di cambiamento o il fatto che il prezzo non rappresenta un importante criterio di scelta per il prodotto.
Fatta eccezione per pochi casi, un incremento di prezzo genera un calo dei volumi, seppur con entità che varia da caso a caso. L’elasticità fornisce un’indicazione molto importante: ci dice se i ricavi aggiuntivi derivanti dai prezzi più elevati riescono a compensare o meno la perdita di quantità. Decisioni di prezzo non possono quindi esulare da un’indicazione perlomeno sommaria di elasticità.
Presso aziende multiprodotto ha tuttavia poco senso calcolare l’elasticità di tutti i singoli prodotti. Inoltre vi sono diversi impatti dell’elasticità: l’elasticità dell’intera famiglia di prodotto della Volkswagen Golf differisce così da quella specifica della Golf GTI.
Vi è una grande differenza se elasticità vengono determinate a livello di singoli prodotti oppure a livello di categorie o famiglie di prodotto. A livello di singolo prodotto si potrebbe ad esempio ipotizzare che un incremento del prezzo del 5% genera un calo delle quantità del 5%. A livello di categoria di prodotto il calo di volumi potrebbe invece attestarsi al 3%. Uno dei motivi di ciò è l’effetto sostituzione che caratterizza la scelta dei clienti: sebbene il prodotto venga sostituito, il cliente resta fedele al produttore o al distributore, optando per un altro prodotto dello stesso. Questo comportamento viene favorito quando il cliente ritiene che alcuni prodotti siano succedanei, ossia possano essere sostituiti gli uni con gli altri. Ciò vale nel caso di produttori di generi alimentari come di Barilla o Kraft, prodotti per l’igiene come di Nivea o L’Oreal, di abbigliamento come Original Marines o Benetton, oppure distribuzione come Esselunga o Coop.
Quanto più i clienti restano fedeli scegliendo fra diversi prodotti all’interno di un assortimento di prodotto, tanto maggiore è importante offrire una gamma di prodotto con prezzi differenziati.
2. Segmentare il portafoglio prodotti
Un buon pricing manager dovrebbe essere a conoscenza di tutti quei fattori che impattano l’elasticità della domanda al prezzo. Il concetto alla base è che prodotti simili hanno elasticità paragonabili. Ma cosa vuol dire paragonabile? In diverse aziende e diversi settori si possono riscontrare grandi divergenze.
La paragonabilità può essere definita per mezzo di generici attributi di prodotto ed essere riferita a categorie di prodotto come pneumatici di sostituzione per automobili o tratte aeree.
La principale sfida per imprese multiprodotto è sicuramente quella di segmentare il proprio portafoglio prodotti per identificare opportuni range di elasticità, che possono essere poi attribuiti singolarmente a specifici gruppi di prodotto.
Importanti presupposti di ciò sono di possedere un know how analitico del proprio portafoglio prodotti e conoscere il comportamento dei clienti.
3. Determinare l’elasticità per segmento
Il prossimo passo è la determinazione dell’elasticità della domanda al prezzo per ogni segmento. Ciò avviene identificando i prodotti di riferimento per ogni segmento. Una volta constato un allineamento in termini di elasticità dei prodotti di riferimento all’interno di segmento, si potrà considerare l’elasticità identificata come valida per tutto il segmento. In caso contrario converrà riconsiderare il segmento, ad esempio dividendolo in due, al fine di giungere ad un’elasticità omogenea all’interno del segmento.
Un approccio per giungere a questi risultati è di utilizzare stime di esperti di mercato all’interno dell’azienda, ad esempio la direzione commerciale, i funzionari di vendita e volendo anche gli agenti di vendita. Questo metodo è poco costoso, ma solitamente molto efficace in quanto si basa sulle conoscenze e sull’esperienza presenti in azienda.
4. Differenziare per marginalità
Oltre all’elasticità un elemento da analizzare in dettaglio è il margine, in quanto quest’ultimo è un aspetto determinante, quando si tratta di capire se convenga o meno incrementare o ridurre i prezzi. Per prodotti con marginalità bassa l’effetto di un incremento di prezzo al netto delle perdite derivanti da minori quantità vendute è tipicamente positivo in termini di redditività complessiva. Per contro, nel caso di prodotti con margini significativi ed elevata elasticità conviene essere particolarmente cauti prima di dare il nulla osta ad un incremento di prezzo.
Prima di prendere decisioni di pricing bisogna differenziare i prodotti in base al margine di contribuzione. Quest’ultimo si riesce tipicamente ad identificare in maniera chiara nonostante la varietà dei prodotti. Creando raggruppamenti di prodotti distinti in base a marginalità elevate, medie e basse permette di differenziare in base alla redditività di prodotto, senza però richiedere di scendere al livello dei singoli prodotti.
5. Analizzare l’immagine di prezzo
Un ulteriore elemento da prendere in considerazione nella decisione del pricing è l’immagine di prezzo di cui gode un’azienda. In aziende multiprodotto essa non deriva dalla media dei prezzi dei prodotti offerti, quanto piuttosto da singoli prodotti sui quali si focalizza una particolare attenzione. Si tratta quindi di prodotti ai quali i clienti prestano un’attenzione particolarmente elevata, con i quali i clienti hanno un’esperienza significativa e pertanto i loro prezzi vengono osservati consapevolmente dai clienti.
Nella grande distribuzione alimentare, prodotti di questo tipo sono il latte, tè o caffè, mentre nel settore automobilistico i pneumatici più diffusi, i tergicristalli o le pastiglie per i freni.
Per contro vi sono tutta una serie di articoli “secondari” ai quali viene dato scarso peso. Mentre gli articoli nel focus dei clienti sono in media il 15-20%, la maggior parte, ossia l’80-85% dei rimanenti articoli, quelli appunto detti “secondari”, passa invece in secondo piano in termini di attenzione al prezzo.
I primi richiedono pertanto particolare impegno in fase di determinazione del prezzo. Ciò non deriva dal fatto che i clienti siano più sensibili al prezzo per questi prodotti – anzi, può valere a volte anche il contrario – quanto piuttosto dal fatto che questo 15-20% perché va ad impattare in maniera determinante sull’immagine di prezzo dell’intero portafoglio prodotti. Ne consegue che incrementare i prezzi dei prodotti “secondari” realizzare incrementi di prezzo è più facile e sostenibile rispetto ai prodotti nel focus dei clienti.
L’ultimo passo è quello di simulare in base all’elasticità del gruppo di prodotti di riferimento e della marginalità le implicazioni che diversi prezzi hanno su ricavi e volumi di vendita. Se poi si prendono in considerazione anche i costi si possono calcolare i prezzi che massimizzano la redditività. È possibile così ottimizzare da un punto di vista economico il pricing.
Il vantaggio di tale approccio è quello di ridurre considerevolmente la complessità tramite la formazione di gruppi di prodotti omogenei. Ciò rende possibile determinare prezzi differenziati, capaci di cogliere la disponibilità al pagamento, cosa che non avviene nel caso del cost plus. Nella giungla dei prezzi la chiave del successo è quindi l’identificazione di quei fattori che influenzano l’elasticità e con essi le elasticità di riferimento per gruppi omogenei di prodotti. La conoscenza degli effetti di variazioni di prezzo fa sì che definire i prezzi in aziende multiprodotto non sia un terno al lotto. La professionalizzazione del pricing che deriva da questo approccio permette ai incrementare di diversi punti percentuali la redditività complessiva dell’azienda.
Note sull'Autore
Danilo Zatta, Partner in Simon-Kucher & Partners, società leader nella consulenza su strategie, marketing e vendite, è autore dei libri “Le basi del pricing” e Revenue Management”, entrambi Hoepli e “I trend economici del futuro”, Il Sole24 Ore. Per informazioni e approfondimenti scrivere a: danilo.zatta@simon-kucher.com.
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