Come in un talk show

Da Maricappi
Perché mi chiedi amicizia su facebook se già ci conosciamo dal vivo e non siamo amici?
E con questa domanda apparentemente banale apriamo una disquisizione un po' faceta e un po' seriosa sul mondo delle comunicazioni, sul loro evolversi, sui rapporti personali o meglio spersonali nell'era della tecnology-surreal dove si parla attraverso una tastiera, contrapposto al mondo televisivo dove tutti invece vogliono parlare seduti in massa negli studi dei talk-show e le ripercussioni che ciò può avere nel nostro ambito lavorativo. 
La professione del futuro è l'opinionista tuttologo e la loro interlocuzione varia dai temi più banali come chi presenterà il prossimo festival di San Remo e quale velina affiancherà il conduttore, a temi più impegnativi come i vari delitti sparsi in tutta la penisola compreso la psicologia dei più efferati serial-killer. Sicuramente l'opinionista di turno studierà sui bignamini gli elementi principali di psicologia, sociologia, omicidiologia, gossippologia, e chi più ne ha più ne metta, affinchè possano affrontare cautamente un dibattito serio. E comunque i candidati primi a fare gli opinionisti non sono gente comune, gente di strada, perchè quella sta sempre nello studio a battere le mani sin dai tempi di “rischiatutto”, l'unica innovazione è che oggi ci mettono casalinghe ingrifate  in cerca di gloria che possono intervenire nei dialoghi esaltando, aggredendo o  insultanto il povero opinionista. Per questo motivo non li invidio, fanno un lavoraccio pari agli operai della Fiat di Mirafiori.Ma chi è l'opinionista tipo?Gli opinionisti tipo sono i famosissimi frequentatori ed ex frequentatori della casa del grande fratello, dell'isola dei famosi, tronisti e troniste varie, vecchi cantanti spariti da mezzo secolo dallo schermo televisivo o nella impossibilità a presentarsi le loro mogli, ex signore della TV che ora si dedicano alle arti culinarie, cuochi e cuochesse di piatti ben serviti, ex soubrette e subrettine meglio note come veline, ovvero tutto il settore emergente della nuova classe intellettuale italiana, senza nulla togliere alla vecchia classe intellettuale che purtroppo ormai è vecchia, logora, antica, poco incline alla modernità e all'innovazione, di sinistra e perennemente comunista, anche se in Italia il comunismo non c'è mai stato e figuriamoci adesso.
Ora, dopo questo piccolo squarcio, fatto in modo forse anche superficiale e baldanzoso della società in cui viviamo, vediamo di comprendere che ripercussioni  può avere sull'aspetto lavorativo e specificatamente nel nostro lavoro, sul rapporto tra noi sanitari e i comuni cittadini che popolano le indigene corsie ospedaliere.
Dunque, come primo e rilevante comportamento è sicuramente l’approccio aggressivo di alcuni pazienti e/o familiari nei nostri confronti, come appunto nei talk show. Già partono prevenuti credendo che in ospedale si aggirano persone che si trovano lì per caso, senza  aver vinto un concorso, magari raccomandati o grandissimi fannulloni che tutto fanno tranne che lavorare. In questo il ministro Brunetta ci ha messo un carico da novanta…..e buttiamola sullo scopone scientifico.Li vedi che ti guardano con occhio indagatore come per dire alla prima mossa falsa ti denuncio.E questo atteggiamento ricalca quello delle arene televisive dove tutti non ascoltano nessuno e nessuno ascolta alcuno, insolenti, arroganti e maleducati.
Dall'altro capo anche noi forse dobbiamo farci un esamuccio di coscienza perché a volte ci scappano altresì toni un po’aggressivi, vuoi per la maleducazione corrente che ci sovrasta per cui tu reagisci, anche se in modo errato, vuoi al fatto che siamo costretti a fronteggiare una continua carenza di personale che comporta un carico lavorativo non indifferente.
Altro aspetto fondamentale è l’empatia di cui l’infermiere è maestro tra le corsie ed è da considerarsi a rischio estinzione come i brontosauri paleolitici. Facebook ne è il paradosso, si comunica con tutti senza relazionarsi con nessuno. Tutto ciò credo che possa influire anche nella nostra vita privata e professionale. Il rapporto con il corpo vissuto chiama in causa l’emozionalità, ma si tende a congelare le emozioni. Si ha sempre più paura ad immedesimarsi nel dolore dell’altro, a volte si è così incapaci ad essere empatici che si relega il paziente in una sorta di medicalizzazione tecnologica, che fa diventare  sempre più difficile stare accanto a lui ad ascoltare i suoi pensieri.Probabilmente è più facile farlo interponendo una barriera video magari chattandoci con il paziente, è un’idea che lancio, dotare il personale di un account facebook con annesso e connesso iPhone con cui chattare creando un canale preferenziale solo con il paziente-utente. E’ pur vero però che gli infermieri sono sempre oberati dal lavoro fisico, manodopera tuttologa ospedaliera. Ormai l’efficienza sta nella politica del fare anziché fermarsi ed ascoltare e l’eterea relazione si rimanda in un momento migliore che ovviamente è sempre più raro. POSSIBILI SOLUZIONI: Attrezzare l’ospedale di sale talk-show dove il personale sanitario e i pazienti possono sedere e dibattere dei problemi assistenziali. Il conduttore potrebbe essere il Direttore, come Bruno Vespa, che coordina gli interventi, e la valletta la caposala.Possiamo coinvolgere la TV regionale, TEF, Umbria TV, o magari aprire un network ospedaliero che possiamo chiamare “Hospital TV”. La TV nazionale mi sembra un po’ esagerata, solo se diventiamo famosi possiamo aspirare a “Italia sul due”. Rai 1 e Canale 5 sono inarrivabili, già impegnate in altre questioni.
        

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