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Come l'acqua per gli elefanti

Creato il 04 giugno 2011 da Veripaccheri
Come l'acqua per gli elefanti

Nel cinema hollywoodiano ha volte esistono dei paradossi che assomigliano a quelli del calcio perché il problema di Francis Lawrence, regista di “Come l’acqua per gli elefanti”, era quello di molti allenatori che devono assemblare la star di turno con il resto della squadra. Alcuni ci riescono, come il caso di Guardiola con Messi, altri invece finiscono per azzerare il valore dell’innesto stravolgendone le doti naturali. Certamente nel caso di Robert Pattison e delle sue ancora da verificare qualità, il paragone con l’asso argentino potrebbe non essere calzante, ma resta valido in termini di dinamiche di gruppo, se è vero che l’attore, divenuto celebre per il ruolo del vampiro nella saga di Twilight, era considerato il valore aggiunto di un film che già di suo aveva le caratteristiche giuste per attirare il pubblico americano, sicuramente allettato da una vicenda collocata in un momento storico cinematograficamente spendibile (siamo ai tempi della grande depressione), e poi attirato dalla presenza di un cast variegato che univa facce conosciute come quella di Reese Witherspoon (Marlena), una specie di reginetta con i capelli color del sole e la silouette adolescenziale, ad altre meno rassicuranti per fisiognomica canagliesca e sguardo luciferino (August), stiamo parlando di Cristoph Waltz specializzatosi in ruoli “bastardi”, ma giusto contrappunto a quella efebica dell’attore americano. A corredo di cotanta abbondanza un tema, quello dell’amore impossibile (di Jacob per la divina Marlena, sposata ad un uomo, August, a cui deve riconoscenza ma che non ama) e delle sue rivalse, che poteva fare la felicità di migliaia di casalinghe disperate e di tutte le donzelle in cerca di marito, insomma quel tipo di pubblico che da sempre è in grado di determinare gradimenti ed incassi. Succede invece che Lawrence, per la paura di immolare il film alla causa dell’attore in ascesa, o forse per intrinseca mancanza da parte dello stesso, lasci il bel Robert alla sua impalpabile presenza, un espressione monocorderisucchiata di volta in volta nel mestiere di due colleghi di lavoro a cui sicuramente non manca la capacità di attirare su di sé le attenzioni della telecamera. In un triangolo così sbilanciato lo struggimento amoroso, che come vedranno i malcapitati spettatori appartiene non solo ai due virgulti, ma anche al perfido marito, manca nella sua spinta principale, quella proveniente da chi dovrebbe sparigliare le carte, troppo compassato ed acerbo Pattison per dare fuoco alle polveri amorose. Rimane così la capacità di restituire un epoca evitando l’antiquariato a favore di una rappresentazione emotiva che sfrutta l’ambientazione circense per rievocare un momento storico in cui la voglia di ridere esorcizzava . Questo e poco altro, perché Francis Lawrence non è Guardiola, Pattison non è Messi e soprattutto “Come l’acqua per gli elefanti” non è il Barcellona.


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