Vediamo dunque che cosa il pedofilo non è:non è un mostro, anche se fa cose mostruose. Non è un mostro, anche se aggredisce la speranza, la fiducia, la capacità di amare di un bambino. Non è un mostro, ma un soggetto che proviene da relazioni infantili e adolescenziali, attraversate da umiliazioni, atteggiamenti strumentali e spesso da abusi sessuali o di vario genere.
Gli studi non concordano sull'incidenza percentuale tra chi è stato abusato e si trasforma poi, in abusante e, molti giocano su questo fatto per discolparsi attribuendo una causa esterna a ciò che fanno. Dal punto di vista psicologico e pedagogico si concorderebbe nel dire che chi è stato vittima di violenza, di qualsiasi genere, poi diventa un violento poiché questa è l'unica modalità relazionale che ha conosciuto,ma questa è solo una reductio ad unum. Vero sé, che questo nella maggior parte dei casi è uno stereotipo, poiché molti adulti che sono stati in passato vittime, hanno atteggiamenti tutt'altro che violenti e l'incidenza di perpetuare un comportamento inglobato in questi adulti è molto basso.
Il pedofilo non è un soggetto altro da noi, dal comportamento strano, con la faccia da squilibrato. Frequenta i nostri ambienti. Ha spesso un viso familiare. Una persona che sa conquistarsi la fiducia della famiglia e sa individuare il bambino da sedurre e da manipolare, magari scegliendolo fra i bambini più isolati e che comunicano di meno con i propri genitori. Spessissimo dopo ceri casi di cronaca vicini e parenti affermano “ Era una persona gentile, timida, riservata, di buona famiglia, normale”, come vedete sono tutte espressioni di una generalità talmente banale che non dicono nulla della persona in questione; bisognerebbe inoltre definire cosa sia la “normalità”, poiché certi comportamenti ad un occhio non allenato sembrano normali ma non appaiono in egual modo, ad esempio ad uno specialista. Lo stesso dicasi dell'affermazione di “buona famiglia”, molte famiglie sembrano sane ma non lo sono, per alcuni la ricchezza ed il titolo di studio, ugualmente affrancherebbero certe persone dalla pedofilia, ma purtroppo la realtà dei fatti dice il contrario, spesso il pedofilo è una persona colta diplomata e/o laureata, di ceto medio o alto. Tra i pedofili troviamo sia il soggetto con scarsa cultura e di ceto medio basso tanto quanto stimati e insospettabili professionisti compresi: avvocati, magistrati, medici, insegnanti. In conclusione il fenomeno non ha limitazioni né di censo, né di sesso.
Le donne pedofile (ne ho già parlato altrove) sono più rare degli uomini. Come gli uomini anche le donne possono creare notevoli dissesti psicologici. Quando una donna obbliga un bambino, o una bambina, a pratiche erotiche o sessuali, gli effetti possono essere devastanti, soprattutto se si tratta della madre. Per un figlio infatti la madre è una figura di attaccamento principale. Da lei si attende protezione e rispetto più che da qualsiasi altro adulto di sua conoscenza.
La maggior parte dei pedofili cerca di non maltrattare i bambini che riesce ad avvicinare, sia per l’attrazione nei loro confronti, sia perché vuole evitare che essi possano lamentarsi, parlare, “fare la spia”.
Se scoperti solitamente i pedofili possono proclamare, ad esempio, il valore educativo di abbracci e carezze, oppure giustificarsi sostenendo che, in quell’occasione, il bambino era stato seduttivo, che era stato proprio il piccolo a sollecitare le avance sessuali dell’adulto, che da queste aveva ricavato poi un evidente piacere, che sono tutte fantasie del bambino. Molti pedofili a loro discolpa usano spessissimo una famosa frase di Freud, secondo il quale il bambino sarebbe un “soggetto polimorfo e perverso”(1) e, quindi il pedofilo sarebbe stato sedotto dal bambino che sa benissimo cosa vuole. Naturalmente queste sono solo delle ignobili scuse che il pedofilo cerca di addurre a sua discolpa.
È vero che un bambino può, di tanto in tanto, assumere degli atteggiamenti provocanti o deduttivi. Il bambino gioca con un identità sessuale e fisica in crescita, le sue prove di seduzione non hanno niente a che vedere con i giochi erotici degli adulti. Il bambino sa che con le moine, i sorrisi, gli sguardi, può ottenere le attenzioni degli adulti e, nello steso tempo soddisfano appieno il loro senso narcisistico ed egoistico, poiché egli pensa che il “mondo ruoti intorno a lui”.Questi atteggiamenti e movenze suscitano, in una persona matura, un sentimento di tenerezza o di ilarità, in un soggetto disturbato, invece, suscitano una reazione di tipo sessuale.
Secondo studi condotti in vari paesi occidentali, il pedofilo è spesso un familiare, o un membro della famiglia allargata.Un tratto tipico dell’abuso sessuale nella famiglia nucleare allargata è il silenzio: si teme che, parlando, il colpevole possa finire nelle mani della giustizia e la famiglia sfasciarsi. Ma il silenzio è proprio l'arma peggiore usata dal pedofilo per perpetrare il suo comportamento.L’età media delle vittime è tra 6-8 e i 12 anni, ma alcuni bambini sono stati abusati in età molto inferiore,( anche in età inferiore al primo anno di vita).
Il padre, o patrigno, autore di incesto occupa spesso all’interno della famiglia un potere dominante e tende ad ostacolare i tentativi,specialmente della vittima, di intraprendere delle relazioni sociali al di fuori delle mura domestiche. Poiché nelle famiglie incestuose c’è quasi sempre una diffusa paura di arrivare alla disgregazione familiare. Il rapporto della figlia con la madre è in questi casi, ovviamente, molto conflittuale. I genitori possono sembrare delle personalità ben adattate. Tuttavia, un esame più accurato della loro storia passata rivela spesso la presenza di un abbandono precoce da parte dei loro stessi genitori. Molti padri o patrigni incestuosi hanno subito deprivazioni affettive nell’infanzia. Analogamente, le madri sono spesso donne dipendenti o bisognose d’affetto, assenti che, talvolta fingono di non sapere e che a loro volta hanno avuto madri assenti od ostili e/o padri abusanti.
Simonetta Frongia
Nota:
- Secondo Freud, la malattia o il disturbo precede la salute e la normalità: queste appaiono conquiste progressive e successive. Infatti, alla base della teoria psicoanalitica dei comportamenti devianti, è il concetto di una disposizione infantile perversa: nel bambino piccolo (è questo uno dei grandi temi della psicoanalisi) esiste già una forma di sessualità, che Freud chiamerà 'pregenitale' e che è ancora qualcosa di frammentario o di parziale. Così il bambino (normale o meno) è 'perverso polimorfo', in quanto propenso a condotte di tipo perverso (come il desiderio di osservare i genitali, ma anche l'urina e le feci, o di esibirsi, di sporcarsi, o, eventualmente, di essere crudele, addirittura sadico, nei confronti dei fratellini o di animali). La perversione nell'adulto sarebbe allora il risultato di un'insufficiente maturazione della psicosessualità, con una fissazione a stadi evolutivi infantili, o una regressione, cioè un ritorno a comportamenti infantili in apparenza superati. La perversione sarebbe il versante negativo della nevrosi, perché, mentre il nevrotico inibisce le sue fantasie erotiche impedendo loro di tradursi automaticamente in atti, il perverso è disinibito e non si perita di tradurre in atto qualsiasi fantasia o desiderio erotici. In seguito Freud modificò parzialmente tale sua visione del comportamento perverso, avvicinandolo di più alla psicosi, in quanto il perverso, come lo psicotico, sembrano non tener conto della realtà.