In un racconto viene il momento di indicare in quali condizioni di vita si trovano i protagonisti. Non è obbligatorio, però è utile per creare con il lettore quella confidenza, diciamo fiducia, che rende una storia, viva.
Sappiamo che Edna e Wes si sono separati, e che quest’ultimo chiama la ex moglie per rimettersi assieme.
La telefonata fa da spartiacque, e “ferma” sia Edna che Wes (che innesca il tutto), in un preciso momento della loro vita.
È l’occasione per ficcanasare nel passato recente dei due protagonisti.
I personaggi agiscono, reagiscono oppure no, e questo crea interesse. Suspense direbbe John Gardner, l’insegnante di scrittura creativa di Carver. Che non è affatto: “Riuscirà il nostro amico a disinnescare la bomba atomica?”. Bensì: cosa accadrà a queste persone? Come si comporteranno?
C’è stata la deflagrazione (Wes chiama Edna per rimettersi assieme). Edna (il racconto è dal suo punto di vista), ricorda che:
Wes aveva piantato la sua ragazza, o lei aveva piantato lui – non sapevo bene e non me ne fregava niente.
In inglese:
Wes quit his girlfriend, or she’d quit him – I didn’t know, I didn’t care.
Edna vive con un altro; costui non vede di buon occhio che lei lo voglia lasciare.
Poi vedrò. Tornerò, gli ho detto.
Then I’ll see. I’ll come back, I said.
Il nuovo compagno di Edna non è affatto convinto di quanto sente. Forse alza la voce, protesta, intuisce che è un momento critico per il loro rapporto. Edna ama ancora Wes probabilmente, e lui lo ha capito. Per questo:
Non tornare, così mi ha detto.
Don’t come back, he said.
Cosa abbiamo qui? L’umanità dei personaggi, quello che ci spinge a provare per essi compassione, interesse. I timori, le incertezze, il coraggio di buttarsi, di ricominciare. Il risveglio di un sentimento che si credeva morto. Tutto questo in una manciata di frasi!
Dopo che Edna accetta di tornare con Wes, il racconto in un certo senso rallenta; una tecnica vecchia quanto il mondo. Uno si aspetterebbe di leggere cosa fanno, come si svolge il loro primo incontro dopo la separazione. Invece no.
La storia si prende una piccola pausa e invita il lettore a guardare nel passato dei due protagonisti.
Sembra una sciocchezza ma in realtà siamo di fronte al mestiere. E questo balza agli occhi dopo che si è imparato a leggere con occhi nuovi una storia. Se si salta questo passaggio, l’umanità dei personaggi rischia di apparire meno genuina. È un bisogno quasi naturale: sapere qualcosa di più dei personaggi.
Prima di affrontare il “tema” del racconto, quello che lo rende interessante, l’autore getta una luce discreta su quello che stanno combinando i suoi protagonisti. Niente di speciale: Wes ha piantato una lei, o il contrario. Edna vive con uno per cui non prova alcunché, ma anche questo tipo non brilla molto.
Non tornare, così mi ha detto.
Non sappiamo nemmeno quale sia il suo nome, ma questo modo di parlare la dice lunga sul suo carattere, e i sentimenti che prova per Edna. Non la vuole più vedere. Se esce di casa, Edna deve sapere che non è più la benvenuta. Tutto questo però ci viene comunicato senza tanti giri di parole.
Non tornare, così mi ha detto.
Scrivere è anche NON scrivere. Fissare sulla carta quelle parole capaci di detonare la narrazione, anche se sono poche. Sono sei parole, più una virgola, che ci svelano dell’uomo di Edna più di tanti discorsi o dialoghi. Sei parole. Una lampadina è in grado di strappare dal buio l’arredamento di una stanza: una lampadina, non dieci. Lo stesso vale per la scrittura. Non sono necessarie tante parole, ma quelle efficaci.
Carver non perde tempo a descrivere minutamente il dialogo tra Edna e il compagno. Isola i punti nevralgici, li rafforza a dismisura, e li offre al lettore. Come spesso accade quando l’artigiano è maledettamente bravo, quello che ci consegna sono poche righe che offrono a chi legge non solo un’idea su cosa si è consumato.
Ma un panorama completo. Quando poi si torna indietro, e si rilegge, ci si rende conto che si tratta appunto di righe, frammenti. Minuzie. Però la sobrietà è tale, talmente raffinata, da risultare vigorosa.
Per l’ennesima volta: il “trucco” non è scrivere a dismisura. È scrivere, cancellare, riscrivere, levigare, cesellare. Impegno, volontà d’acciaio, fatica. L’obiettivo è realizzare qualcosa che abbia una stretta parentela con l’arte. E ogni dettaglio ha il suo compito.
Nel Mosè che a Roma si trova in San Pietro in Vincoli, opera di Michelangelo, non c’è qualcosa di “passabile”.
Anche in un piccolo racconto, tutto deve essere eccellente. Alcuni pensano sia una sotto-categoria del romanzo, e che ci si possa dedicare a esso con la mano sinistra. Costoro farebbero bene a dedicare entrambe le mani, e le braccia, all’agricoltura.
Come leggere un racconto – Lezione Uno
Come leggere un racconto – Lezione Due
Come leggere un racconto – Lezione Tre
Come leggere un racconto – Lezione Quattro
Come leggere un racconto – Lezione Cinque