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Giovanni Papini,  Toscana

Da Paolorossi

Per quanto io faccia sono un uomo nato in Toscana, fra toscani, fra paesaggi e valori toscani - un uomo nato in Toscana nel 1881, che ha avuto vent'anni col prim'anno del ventesimo secolo e che scrive nel presente anno millenovecentododici. Sono un toscano - non soltanto italiano. [...]

Ma quando dico Toscana intendo prima di tutto il paese toscano, i monti, i poggi, i fiumi, - gli orizzonti di questo paese che dalle rosee torri delle Apuane finisce giù alla vasta e solitaria Maremma, tra le grandi cime dell'Appennino e il verde respiro del Tirreno. Intendo questo cielo così bello anche quand'è brutto, questo pallore contorto d'olivi, queste lancie nere dei cipressi, questi pingui festoni delle viti su per le colline, queste valli desolate e pietrose dove fiorisce soltanto il cardo turchino e la ginestra gialla.

E poi intendo per Toscana i grandi toscani e il loro genio. Dagli etruschi padri, distesi a guardia nelle loro tombe, placidi e arguti come divinatori ; dagli etruschi che portaron dall'oriente l'amor del futuro e la sicurezza dell'arte ; dagli etruschi che insegnarono la civiltà ai romani e circoscrissero ne' loro confini quella che doveva essere 1′ Italia più feconda di grandi - giù giù fino alla gagliardia di Dante, all'asciuttezza di Machiavelli, alla terribilità di Michelangelo, alla curiosità di Leonardo, alla penetrazione di Galileo. Voi sentite in tutti questi uomini il nerbo, un tal senso plebeo di realismo robusto, la sobrietà, la limpidezza, la grandezza senza gonfiaggine ed enfasi, l'austerità senza bigotterie e rigidezze.

C'è un genio toscano ch'è di qui, con caratteri suoi, che si stacca da tutti gli altri geni italiani e forestieri e col quale mi sento in piena armonia. Ritrovar me stesso significò dunque ritrovar la Toscana nella sua campagna e nella sua tradizione.

Non più le strade attorno a Firenze, incassate tra i muri bigi e i cancelli dei signori, ma i sentieri dei pecorai su per il dorso dell'Appennino, a tu per tu col cielo, coi boschi ai miei piedi. Non più le alture cittadine del Vial dei Colli o dell' Incontro, ma le gobbe di Pratomagno e le vette dell'Alpe della Luna. Mi son trovato un poggetto nascosto e sconosciuto ch'è nello stesso tempo nel cuore e sui confini della mia Toscana.

È vicino alle fonti del Tevere, vicino alla selva dove soffrì San Francesco, al castello dove nacque Michelangelo, al borgo dove nacque Pier della Francesca. A pochi passi da casa mia venne, da giovane, il Carducci repubblicano. E se monto più in alto intravedo il mare della Romagna e le alture dell'Umbria. [...]

( Giovanni Papini, Un uomo finito, pag. 273/275 - Vallecchi, 1922 )

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