In piena era crossover, credo vent’anni fa o giù di lì, mentre i batteristi di ogni dove si attrezzavano facendo a gara a chi avere il rullante più sottile vittime della moda di Blood Sugar Sex Magik, noi tutti estimatori del nuovo musicale che avanza vivevamo sdraiati sulla riva di un fiume metaforico in attesa di veder passare non il cadavere bensì il virgulto a nuoto di chi avrebbe potuto incarnare il verbo, in Italia, dei vari Urban Dance Squad e simili. Si sa, da queste parti da sempre c’è l’abitudine di andare a rimorchio dei paesi anglosassoni e mi vien da dire per fortuna, perché altrimenti chissà che cosa potrebbe mai uscire dalle cantine insonorizzate a contenitori per uova, stracolme di botti piccole contenenti vino pessimo, altra metafora e non c’è bisogno che la spieghi. Beh, mentre si aspettavano i Red Hot de noantri, ancora prima del video dei Negrita nudi come mamma ha fatto i loro omologhi californiani, si diffuse uno scherzo, una specie di catena diabolica, che nel piccolo delle persone che conosco ha avuto una discreta diffusione, anche io ne sono stato vittima. Praticamente si andava dall’amico melomane alternativo prescelto e gli si tessevano le lodi di una nuova sorprendente band italiana che mescola hip hop a funky rock, un gruppo che non sfigurerebbe sul palco come spalla dei Primus. Ovviamente l’amico melomane alternativo doveva avere totale e cieca fiducia in voi, magari lo stesso a cui avevate parlato di una band di Seattle che, dopo Bleach, aveva appena pubblicato una delle pietre miliari del rock di fine secolo. L’amico melomane alternativo avrebbe dovuto quindi chiedervi il nome. A quel punto gli si svelava la dritta, si chiamano otto-otto-tre, proprio come l’Harley, e hanno fatto un disco che spacca, Nord Sud Ovest Est. L’obiettivo era di spingerlo all’acquisto a scatola chiusa, abitudine non rara almeno fino a quando si acquistavano ancora i CD. Per farla breve, un mio fidatissimo conoscente mi spinse a comprarlo, tanto che la commessa del negozio di dischi, conoscendo i miei gusti, mi chiese se era per un regalo e quando le dissi di no colsi la perplessità nel suo sguardo. Vi risparmio la mia reazione al primo ascolto e quanto venni canzonato dal fidatissimo conoscente, senza contare che i cd non costavano poco e in quel periodo dovevo sempre pensare due volte prima di spendere soldi. L’unica via per dare un senso a tutto ciò e prenderla con filosofia fu di continuare la catena, cosa che feci con una persona che, a pensarci bene, non ho praticamente mai più visto da allora.
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