Vediamo di spiegarla in breve. La Gazzetta dello Sport pubblica – in esclusiva – un’esauriente articolo in cui si evince che Mario Cipollini era pieno fino alle orecchie nell’anno migliore della sua carriera (quello della Sanremo e del Mondiale), grazie all’appoggio del dottor Fuentes. Una tabella riporta date, tipo di prodotti dopanti, dosi assunte, pagamenti. Tutto quel che serve per allungare la lista degli atleti che hanno preso in giro gli appassionati. Lance Amstrong aveva detto il giusto quando – messo in croce da ogni fonte d’informazione (giornali, riviste, “esperti” ed “esperte” di ciclismo televisivo) e trattato come l’unico rappresentante del doping nel ciclismo – aveva spiegato che lui corse in un’EPOca segnata in maniera profonda; “Come mettere l’acqua nelle boracce” disse, esprimendo una frase che molti definirono inaccettabile per il mondo ciclistico del periodo. Ora ci aspettiamo lo stesso trattamento per Cipollini, anche se forse si cercherà di metterla sul piano umano perché italiano. Lo stesso Simeoni (che venne squalificato dopo aver confessato di essersi rivolto a Ferrari) ha riguadagnato la televisione (RAISport la mattina della prima parte della confessione di Amstong) come un diavolo a cui erano spuntate le ali dell’angelo redento e che quindi meritava rinnovata stima ed amicizia, perché “nemico” di Armstrong e poteva dire quanto cattiva era l’americano. Ora la Gazzetta rimarca che siamo di fonte alla peggiore delle verità: 15 o forse 20 anni di ciclismo falsato. Lasciamo perdere i titoli che parlano di tristezza. Non hanno mai risolto un’accidente. Questa generazione di appassionati deve far capire ai ciclisti che la tristezza del momento è stata sostituita dalla rabbia e non dallo sgomento, o dalle frasi fatte del/della giornalista di turno, o dall’ex ciclista di turno. Da diversi anni seguo (e seguirò ancora quando potrò) le gare ciclistiche. Ma da tanto mi limito a fare foto e gli applausi li lascio volutamente in tasca. Considero che il Gruppo ancora non li meriti e che se i ciclisti sono l’ultima ruota del carro, sono stati loro i primi ad aver accettato di diventarlo. Preferisco essere cattivo oggi, che incerto domani sull’essere o non essere stato trattato come un fesso.
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Vediamo di spiegarla in breve. La Gazzetta dello Sport pubblica – in esclusiva – un’esauriente articolo in cui si evince che Mario Cipollini era pieno fino alle orecchie nell’anno migliore della sua carriera (quello della Sanremo e del Mondiale), grazie all’appoggio del dottor Fuentes. Una tabella riporta date, tipo di prodotti dopanti, dosi assunte, pagamenti. Tutto quel che serve per allungare la lista degli atleti che hanno preso in giro gli appassionati. Lance Amstrong aveva detto il giusto quando – messo in croce da ogni fonte d’informazione (giornali, riviste, “esperti” ed “esperte” di ciclismo televisivo) e trattato come l’unico rappresentante del doping nel ciclismo – aveva spiegato che lui corse in un’EPOca segnata in maniera profonda; “Come mettere l’acqua nelle boracce” disse, esprimendo una frase che molti definirono inaccettabile per il mondo ciclistico del periodo. Ora ci aspettiamo lo stesso trattamento per Cipollini, anche se forse si cercherà di metterla sul piano umano perché italiano. Lo stesso Simeoni (che venne squalificato dopo aver confessato di essersi rivolto a Ferrari) ha riguadagnato la televisione (RAISport la mattina della prima parte della confessione di Amstong) come un diavolo a cui erano spuntate le ali dell’angelo redento e che quindi meritava rinnovata stima ed amicizia, perché “nemico” di Armstrong e poteva dire quanto cattiva era l’americano. Ora la Gazzetta rimarca che siamo di fonte alla peggiore delle verità: 15 o forse 20 anni di ciclismo falsato. Lasciamo perdere i titoli che parlano di tristezza. Non hanno mai risolto un’accidente. Questa generazione di appassionati deve far capire ai ciclisti che la tristezza del momento è stata sostituita dalla rabbia e non dallo sgomento, o dalle frasi fatte del/della giornalista di turno, o dall’ex ciclista di turno. Da diversi anni seguo (e seguirò ancora quando potrò) le gare ciclistiche. Ma da tanto mi limito a fare foto e gli applausi li lascio volutamente in tasca. Considero che il Gruppo ancora non li meriti e che se i ciclisti sono l’ultima ruota del carro, sono stati loro i primi ad aver accettato di diventarlo. Preferisco essere cattivo oggi, che incerto domani sull’essere o non essere stato trattato come un fesso.
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