Sei seduto su un autobus, guardi fuori dal finestrino: la pioggia di novembre scende. Un’auto schizza dell’acqua su una ragazza, dall’altro lato due giovani si baciano, guardati da un uomo in uno spolverino nero. Improvvisa, da qualche parte dentro di te, viene l’idea per un romanzo. Ci pensi su giorni, settimane e poi, rassicurato dal flusso dell’ispirazione, decidi di aprire quel quaderno vuoto e riempirlo di personaggi, trame e dialoghi. Continua così. Scrivi. E scrivi ancora…
In questi giorni sto rispondendo a delle domande per un’intervista su Zagreb che apparirà su un magazine tedesco che tratta il tema dell’immigrazione in Germania e in Europa. Ecco, una delle domande mi ha spinto a chiedermi:
Da dove nasce un romanzo?
Questo autunno, un gruppo di scienziati della Noldus Innovation Works ha misurato le emozioni e l’attività cerebrale di Arnon Grunberg, un autore olandese, mentre era alle prese con la scrittura del suo nuovo romanzo. I dati così raccolti sono poi stati messi in relazione con il testo prodotto dall’autore. In una seconda fase, le stesse misurazioni verranno effettuate su alcuni lettori del testo e, infine, lo studio verrà esteso a migliaia di lettori che leggeranno il romanzo tramite un e-book accompagnato da una app sviluppata appositamente.
L’esperimento su Arnon Grunberg
Quello effettutato dalla Noldus Innovation Works è un esperimento unico nel genere: un tentativo di comprendere il processo creativo di uno scrittore mentre avviene non è mai stato realizzato prima.
Per due settimane, Arnon è stato monitorato attraverso un complesso network di sensori e telecamere: sono state registrate le sue onde cerebrali, la frequenza cardiaca, la risposta galvanica cutanea (una “misura” delle emozioni di un individuo) e le espressioni facciali. Quando il libro di Arnon sarà pubblicato l’anno prossimo, 50 lettori saranno sottoposti agli stessi esami in condizioni simili a quelle dell’autore.
I ricercatori analizzeranno i dati nella speranza di individuare andamenti che possano spiegare il legame tra il modo in cui l’arte è creata ed esperita, e, magari, individuare la natura del processo creativo. Proveranno cioè a rispondere a domande come: Da dove viene l’idea per un romanzo e come si sviluppa? Quando un autore scrive una scena triste, prova tristezza? E quando un lettore legge quella scena, prova un’emozione simile a quella dell’autore quando l’ha scritta?
Neuroestetica: l’impatto dell’arte sulla rete neurale
L’esperimento su Arnon Grunberg si inserisce nel campo della neuroestetica, una giovane disciplina che si pone lo scopo di scoprire cosa succede alle nostre reti neurali quando percepiamo o creiamo arte, musica e letteratura. L’anno scorso, per esempio, alcuni ricercatori della Stanford University hanno dimostrato come diverse regioni cerebrali vengano attivate quando i soggetti analizzati leggevano Mansfield Park di Jane Austen per puro piacere o per un’analisi del testo. Qualche mese fa, uno studio della New School for Social Research ha dimostrato che i lettori di romanzi di “alta letteratura” sviluppano un grado di empatia superiore dei lettori di “letteratura commerciale” (semmai la distinzione netta tra queste due “letterature” esista…). Come a dire: meglio un po’ di Chekhov che tanto Volo.
Non ci resta che aspettare per scoprire se misurazioni, elettrodi e telecamere possano davvero offrirci qualche risposta. Intanto, mi pare che le parole di Arnong Grunberg a questo proposito siano da condividere: “Non credo che l’esperimento sia necessario per dimostrare che la letteratura faccia bene a chi legge. Né che sia pericolosa… quando presa troppo seriamente”.
Tu cosa ne pensi? Hai mai sentito parlare di neuroestetica? Sei a conoscenza di qualche altro esperimento del genere? Ne abbiamo davvero bisogno per “capire” quali siano i benefici della lettura di un buon libro? Se ti va, condividi la tua opinione nei commenti.
L’articolo mi ha stato segnalato via Twitter da @marcoapostoli
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