Come ne venimmo fuori / Sabina Guzzanti. Auditorium Parco della Musica, 8 marzo 2016
Da un futuro imprecisato la nostra Sabina, vestita in modo un po' marziano, è chiamata a fare il discorso di apertura delle celebrazioni annuali sulla fine del cosiddetto "secolo di merda", quel periodo che va dalla fine degli anni Novanta al 2040, e che - pur non essendo un secolo in senso cronologico - è stato talmente lungo e infinito da sembrare un secolo.
Sabina interpreta questo compito nel modo istrionesco ma finemente intelligente che conosciamo. Così da un lato ci racconta come dal liberismo teorizzato nel XVII-XVIII secolo si sia arrivati al neoliberismo novecentesco e poi all'ultraliberismo del "secolo di merda", quello nel quale le ideologie sono morte solo perché ne è rimasta una sola presentata come un dato di fatto, come l'unica possibilità di regolazione dell'economia mondiale. Dall'altro, alleggerisce un discorso decisamente complesso e impegnativo con note di colore e costume sulla società e la gente che ha vissuto in quel periodo, i cosiddetti "merdolani", divisi tra i gattini su Facebook e i gruppi da gestire su Whatsapp, abituati ad avere un'opinione su tutto, ma un pensiero su niente. Qua e là inserisce qualche sketch con i personaggi da lei interpretati anche nel Tg Porco, da quelli famosi come la Meloni, Berlusconi, Maria De Filippi, la Gruber, Emma Marcegaglia alla gente comune nelle sue varie declinazioni regionali.
Si ride moltissimo, talvolta a scena aperta, ma si pensa anche moltissimo. E lo so che noi che viviamo nel "secolo di merda" di fronte a una come Sabina e alle cose che dice storciamo il naso, perché è ideologica e faziosa (come si suole dire oggi tutte le volte che si vuole screditare qualcuno), e dunque non diamo credito alle cose che dice, ma forse dovremmo proprio smetterla di essere snob al quadrato e solo apparentemente equilibrati e toglierci i prosciutti dagli occhi guardandoci intorno, a quello che accade nel mondo, alle strozzature prodotte da un modello economico decisamente insostenibile per gran parte dell'umanità nonché per il pianeta tutto.
Io mi sento decisamente poco attivista e poco militante; la mia militanza sta tutta nei comportamenti responsabili e coerenti che cerco di tenere tutti i giorni. E però credo che abbiamo un debito di gratitudine verso chi non smette di sollecitare il nostro pensiero critico, la nostra intelligenza, le nostre convinzioni e chi suscita la nostra curiosità, che è oggettivamente l'unico vero strumento che abbiamo a disposizione per non conformarci, non allinearci, non accettare acriticamente quello che ascoltiamo. In un'epoca in cui siamo letteralmente bombardati di presunte informazioni e dati capaci di sostenere tutto e il contrario di tutto, abituarci a non dare mai niente per scontato e a non essere superficiali nei nostri giudizi è il valore più grande che possiamo coltivare.
Dunque, se - pur con tutte le imprecisioni e le semplificazioni inevitabili - Sabina Guzzanti riesce a tradurre in uno spettacolo godibile e comprensibile al grande pubblico alcuni dei contenuti esposti con ben maggiore supporto documentario da Naomi Klein nel suo bestseller Shock economy e se - senza suscitare sbadigli e permalosità - riesce a dirci che forse dobbiamo tutti ricominciare a pensare, che è la cosa più faticosa da fare in un'epoca di rincoglionimento da multitasking, io credo che dobbiamo essere felici che esista ancora una satira impegnata e irriverente come questa.
Poi forse non ne verremo fuori e - come dice lei - ci salverà solo una gran botta di culo, ma intanto non è poco esserne consapevoli.
Voto: 3,5/5