Il film racconta la storia di una ragazza che accudisce il marito colpito al collo da un proiettile durante una rissa.
All’inizio possiamo scorgere solo la sua disperazione e la sua solitudine: una ragazza madre di due bambini che vive in una zona di guerra con un marito mezzo morto da curare. E’ profondamente infelice e comincia a parlare con il corpo del consorte sperando che l’ascolti. Cambia la situazione, la donna ha bisogno di soldi e va a cercare la zia scomparsa, la ritrova in un bordello , un palazzo elegante lo chiama, ed ella esperta nei rapporti umani le spiega: stai usando tuo marito come se fosse una pietra paziente, le dice. La pietra paziente è appunto , quella pietra che nell’islam si ritenga abbia poteri particolari e che possa guarire l’anima.
La trama si snoda intorno alla protagonista riportando a galla inenarrabili segreti tra le rovine della città saccheggiata e le mura domestiche.
Questo film molto particolare narra le vicende da un punto di vista estraneo a quello mussulmano: quello della donna. Un punto di vista filtrato dai colori e dalle trame del burka e dei divieti imposti per volontà divina alle femmine. Essere sempre silenziose, caste, e pazienti sono queste la qualità che deve avere una moglie in quel mondo. Ma succede quando ti trovi finalmente nella condizione di parlare liberamente? Illudersi che qualcuno ci ascolti veramente e liberarsi dai macigni della colpa.