Si approssimano le vacanze estive e, come ogni anno, il refrain che occupa l'etere delle conversazioni circuita spesso attorno alla necessità di riposo che tutti agogniamo.
Espressioni come: "Devo proprio staccare la spina," oppure: "Non vedo l'ora di scollegare il cervello," ma, anche, declinate sui figli, le insofferenze per i troppi compiti assegnati e tutte le possibili varianti sul tema, sono il sintomo di questo bisogno che, per quanto legittimo, va accolto con attenzione, affinché risulti proficuo.
Il rapporto tra vacanza e cervello è, infatti, interessante e si presta a considerazioni che vanno al di là della sua estiva limitazione temporale.
Ad esempio, pur discendendo da "vacante" (libero, senza impegni), spesso la deriva etimologica trascina la vacanza verso il vacuo, ossia quel luogo in cui, affinché la vacanza sia davvero tale, imperi l'assenza di qualsivoglia attività. Per altri aspetti, invece, la vacanza diventa, a volte, l'occasione dello stravolgimento totale, e l'assenza di impegni cui rimanda si riempie, invece, di frenetiche attività, ancora una volta determinanti a generare il sentirsi in vacanza.
Per quanto apparentemente dicotomiche, le due modalità di "fare vacanza", hanno un comune denominatore: entrambe tendono a contrapporsi all'ordinarietà dei giorni di feria caratterizzati da orari cadenzati, scadenze, impegni ripetitivi.
Nella vacanza, infatti, comunque la si viva, i ritmi della vita che conduciamo normalmente si spezzano per dare spazio a un nuovo tempo, dettato da convenzioni completamente differenti, aprendo il sipario su un'extraordinarietà che il nostro cervello, se potesse scegliere, tenderebbe a rifuggire.
Il cervello umano, infatti, ama la stabilità, la coerenza, la chiarezza e, in qualche modo, tutto ciò che è lineare, ripetitivo. Questa tendenza a cercare di utilizzare schemi noti, è uno dei più importanti superpoteri che ha reso possibile la nostra evoluzione: intraprendere la via più breve e economicamente più vantaggiosa sfruttando al massimo le risorse già esistenti. Insomma, siamo animali pigri e tra una salita e una discesa, in assenza di stimoli, scegliamo la discesa, in questo modo, minimizzando gli sforzi, abbiamo massimizzato i risultati.
Ciò detto, è altrettanto vero che non ci saremmo mossi dalla condizione di scimpanzé se questa capacità del cervello di operare in economia non fosse stata continuamente minacciata e bilanciata da nuove sfide che ci hanno spinto a intraprendere strade inesplorate.
Insomma, in una condizione di incertezza prolungata il cervello entra in una condizione di malessere, ma sostare eccessivamente nella certezza porta a una più pericolosa chiusura cognitiva tesa a rifiutare tutto ciò che è nuovo e, di fatto, a non apprendere, non evolvere.
La vacanza si presenta allora come un lungo particolare in cui il cervello ha l'opportunità, più che in ogni altro periodo dell'anno, di passare da situazioni di incertezza senza stimoli a situazioni di incertezza iperstimolata, cercando al contempo di garantire anche quelle condizioni routinarie in cui il nostro cerebro si sente appagato.
Il nostro cervello presenta, infatti, due diverse modalità per gestire l'attenzione, la Task-positive Network (Tpn), o sistema esecutivo centrale, che entra in gioco quando siamo stimolati e concentrati su un compito, e la Task-negative Network (Tnn), che invece si attiva quando lasciamo vagare la nostra mente in una modalità tipo «sogno a occhi aperti».
Questi due modelli sono autoescludenti e quando è attivo uno è disattivo l'altro. Il passaggio tra una modalità e l'altra è regolato dall'insula, un organello di 2-3 centimetri che funge da interruttore permettendo il salto da uno stato all'altro a seconda delle caratteristiche di ogni soggetto e delle condizioni ambientali cui è sottoposto.
Le ricerche sul campo ci rivelano quanto accennavamo più sopra. Per rendere al meglio, queste due task devono operare dando spazio ad ognuna di esse senza che nessuna abbia il sopravvento sull'altra (ad esempio, avremo modo di approfondire in questo blog come siamo efficaci cicli di studio attorno ai 40 minuti, per quel che concerne la Task-positive Network) e la vacanza è davvero il luogo ideale, non solo per vivere questa condizione, ma anche per allenarsi a gestirla e generarla al meglio quando torneremo dalle vacanze e gli impegni, i compiti, gli obiettivi, tenderanno a schiacciarci pericolosamente in un'iperattività routinaria senza imprevisti né sogni ad occhi aperti.
Massimo Silvano Galli
Magazine Psicologia
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