Magazine Diario personale
Come può una storia finire dopo otto anni di complicità, di amore ricambiato?
Non sto parlando di semplice tradimento che brutalmente stronca una relazione, non sto parlando di chissà quali azioni o eventi che immediatamente mettono un punto, il punto finale, ad un importante capitolo della nostra vita.Parlo di quella fine inaspettata, forse sono temuta, quella che spiazza: uno lascia e l'altro si smarrisce.Essere lasciati dalla persona che si ama è un pugnale a doppio filo che brutalmente si insinua nel cuore: ti lascia esanime e disperato. Per quanto il tempo possa guarire tutte le ferite, le cicatrici rimangono.Eppure spesso quella lama da tempo è lì davanti al petto: tuttavia finché non entra non ci accorgiamo della sua presenza. L'amore finisce, i sentimenti dei momenti iniziali sono mutati, si cresce e gli interessi cambiano.È quello che è successo qualche giorno fa ad una amica. Ora questo può succedere a tutti, sposati o fidanzati: mi sono chiesta quindi se tutte le motivazioni che chiudono un rapporto che durava da anni in realtà siano solo il risultato di segni non colti precedentemente, di ripetuti e abituali comportamenti sbagliati che portano ad allontanare le due persone.
Così ho pensato un po' alla storia tra me e L., a quanto, tempo fa, la tensione fosse aumentata tra noi tanto da arrivare pressoché vicini alla rottura. Sono convinta che molto spesso la fine di una storia sia responsabilità di entrambi: voglio quindi fare un mea culpa, una riflessione su come allontaniamo da noi le persone che ci voglio bene, su come portiamo la persona che abbiamo accanto in una strada senza uscita.
In realtà il come non è di certo solo uno; tuttavia credo che siano due gli atteggiamenti frequenti che molti di noi commettono. Credo che il primo sia scaricare tutti i nostri affanni, le delusioni, i fallimenti, sul nostro partner, sfogarci pesantemente per ogni cosa, insomma riversagli addosso le nostre frustrazioni e darlo per scontato.
Le delusioni di una giornata al lavoro, le tensioni che portiamo addosso, la stanchezza, sono pesi che abbiamo bisogno di scaricare e chi meglio c'è di chi abbiamo accanto per essere ascoltati? È solo parte di un pensiero l'idea che anche lui/lei abbia avuto una giornata non facile e che oltre a sopportare il proprio peso debba anche accollarsi il nostro. Un grande errore spesso è credere che le nostre frustrazioni, i nostri impegni, siano assolutamente e di gran lunga più pesanti, assillanti esasperati di quelli sopportati dalla nostra metà. E magari è anche vero.
Nulla però ci da il diritto di rispondere in malo modo, di alzare la voce, di accanirci contro chi nulla ha a che fare con tutto ciò che durante la nostra giornata è successo. La frustrazione è da lasciare fuori dalla porta di casa. Ora se questa situazione si protrae per anni ci si abitua, si impara a pazientare, si spera che le cose vadano meglio; infine, però, si raggiunge la frutta! Non è facile rendersi conto di questa cosa, no non lo è per niente! Pensi che sei tu che sopporti tutto e lui/lei deve solo ascoltarti in fondo. Brucia sulla pelle la rabbia che cresce quando chi hai accanto non ti vuole ascoltare, un la pensa come te, e tu inveisci, alzi la voce...
Rendersi conto dei modi di comportarsi sbagliati è dura, è dura persino cercare di pensare che siamo noi a sbagliare quindi figuriamoci quanto sia difficile cambiare davvero. Eppure è necessario.
Ogni giorno dovrebbe essere teso migliorare se stessi, metterci in discussione, guardarci allo specchio e tentare di accorgerci dei nostri errori prima di ricevere una bella botta sui denti! Forse se lungo la strada cerchiamo di non dare per scontata la persona con cui ci teniamo per mano, se cerchiamo di vivere con più tranquillità e leggerezza, se cerchiamo di abbandonare le frustrazioni, l'abitudine, la stanchezza e l'egoismo, forse davanti a quella strada chiusa, davanti a quel vicolo cieco, insieme si potrebbe abbattere quel muro e proseguire il cammino su quella strada uniti anziché lasciare la mano, voltarsi e andarsene.
Sunwand